Le ex Acciaierie e ferriere pugliesi, una storia tutta da scrivere
L’Osservatorio si interroga sul destino del siderurgico
mercoledì 8 ottobre 2014
11.17
Le aree delle ex Acciaierie e ferriere pugliesi potrebbero essere il cuore nevralgico per sperimentare un nuovo modo di concepire la città, utile non solo al sito industriale ma a tutto l'abitato.
È questo in estrema sintesi quello che è emerso dall'incontro, voluto dall'Osservatorio per il Bene Comune, che si è tenuto nell'auditorium don Tonino Bello. A patto però che tutta l'area venga bonificata e resa fruibile e che tutti i soggetti coinvolti facciano la loro parte. E a essere coinvolti sono oltre all'amministrazione comunale, i proprietari dei capannoni e le piccole aziende che attualmente sono insediate nell'ex siderurgico. Vasta 98mila metri quadri, grande cioè quanto il centro storico, l'area rappresenta una cerniera di congiunzione tra l'abitato e lama Castello, la profonda fenditura naturale che corre lungo il lato sud delle Ferriere, un luogo che potrebbe essere di grande interesse naturalistico. «Dopo le fasi di carotaggio utili a individuare i materiali inquinanti di cui sono pregni i suoli – ha esordito il sindaco Tommaso Depalma – sono nei fatti cominciate le opere di messa in sicurezza. Quanto meno all'interno della lama, dove sono depositate migliaia di tonnellate di scarti di lavorazione del ferro».
Una quantità tale di loppe che hanno cambiato i profili del sito naturale. «Naturalmente - ha continuato Depalma - aspettiamo che anche i privati facciano svolgere le dovute indagini all'interno dei capannoni e che quindi provvedano alla bonifica di quei siti». Il pallino quindi sembrerebbe passare nelle mani dei privati che legittimamente si aspettano di mettere a frutto i loro investimenti. «Quei capannoni sono fuori scala – ha tento a sottolineare la vice presidente della Regione Angela Barbanente - Non è immaginabile realizzare qualsiasi cosa all'interno delle aree delle ex Acciaierie e ferriere pugliesi pensando di conservare quelle volumetrie. Ma la politica è governo della città, è la cerniera di congiunzione tra e le istanze pubbliche e quelle private.
E i privati devono essere una risorsa e non un problema. Perché tutte le pianificazioni urbanistiche devono rispondere ai bisogni della collettività. Una città si deve concepire partendo dai bisogni della popolazione. Solo attraverso questa analisi si possono dare risposte concrete in termini di vivibilità». Affermazioni "alte" che però devono trovare risposte nel "Pug", il piano urbanistico generale, che a Giovinazzo deve vedere ancora la luce. Proprio su questo punto si è innestata una polemica, per la verità distante dalle intenzioni dell'incontro.
Se da una parte i proprietari dei capannoni hanno redatto e presentato un "Piru", il piano di rigenerazione urbana che deve però essere ancora discusso, i piani particolareggiati non sono ancora pronti. Questo l'oggetto del contendere. Saranno propri quei piani ad indicare il destino urbanistico dell'area su cui progetti e intenzioni si sprecano. Ma parlarne diventa arduo, almeno per il momento, proprio perché se il sito non viene bonificato, qualsiasi idea non può che rimanere sulla carta.
È questo in estrema sintesi quello che è emerso dall'incontro, voluto dall'Osservatorio per il Bene Comune, che si è tenuto nell'auditorium don Tonino Bello. A patto però che tutta l'area venga bonificata e resa fruibile e che tutti i soggetti coinvolti facciano la loro parte. E a essere coinvolti sono oltre all'amministrazione comunale, i proprietari dei capannoni e le piccole aziende che attualmente sono insediate nell'ex siderurgico. Vasta 98mila metri quadri, grande cioè quanto il centro storico, l'area rappresenta una cerniera di congiunzione tra l'abitato e lama Castello, la profonda fenditura naturale che corre lungo il lato sud delle Ferriere, un luogo che potrebbe essere di grande interesse naturalistico. «Dopo le fasi di carotaggio utili a individuare i materiali inquinanti di cui sono pregni i suoli – ha esordito il sindaco Tommaso Depalma – sono nei fatti cominciate le opere di messa in sicurezza. Quanto meno all'interno della lama, dove sono depositate migliaia di tonnellate di scarti di lavorazione del ferro».
Una quantità tale di loppe che hanno cambiato i profili del sito naturale. «Naturalmente - ha continuato Depalma - aspettiamo che anche i privati facciano svolgere le dovute indagini all'interno dei capannoni e che quindi provvedano alla bonifica di quei siti». Il pallino quindi sembrerebbe passare nelle mani dei privati che legittimamente si aspettano di mettere a frutto i loro investimenti. «Quei capannoni sono fuori scala – ha tento a sottolineare la vice presidente della Regione Angela Barbanente - Non è immaginabile realizzare qualsiasi cosa all'interno delle aree delle ex Acciaierie e ferriere pugliesi pensando di conservare quelle volumetrie. Ma la politica è governo della città, è la cerniera di congiunzione tra e le istanze pubbliche e quelle private.
E i privati devono essere una risorsa e non un problema. Perché tutte le pianificazioni urbanistiche devono rispondere ai bisogni della collettività. Una città si deve concepire partendo dai bisogni della popolazione. Solo attraverso questa analisi si possono dare risposte concrete in termini di vivibilità». Affermazioni "alte" che però devono trovare risposte nel "Pug", il piano urbanistico generale, che a Giovinazzo deve vedere ancora la luce. Proprio su questo punto si è innestata una polemica, per la verità distante dalle intenzioni dell'incontro.
Se da una parte i proprietari dei capannoni hanno redatto e presentato un "Piru", il piano di rigenerazione urbana che deve però essere ancora discusso, i piani particolareggiati non sono ancora pronti. Questo l'oggetto del contendere. Saranno propri quei piani ad indicare il destino urbanistico dell'area su cui progetti e intenzioni si sprecano. Ma parlarne diventa arduo, almeno per il momento, proprio perché se il sito non viene bonificato, qualsiasi idea non può che rimanere sulla carta.