«La Puglia è pronta per diventare un brand a livello mondiale»
Intervista al manager giovinazzese Luigi Morva. «Il Covid ha cambiato il mondo, ma l’internazionalizzazione resta la strada di maggiore crescita per le aziende pugliesi»
mercoledì 30 settembre 2020
10.30
Guardare a un futuro diverso, senza trascinarsi nel peso delle incertezze. Per tutte le imprese, piccole e grandi che siano, questi sono momenti inediti, in cui la depressione economica legata all'emergenza Covid-19 e al rischio di un nuovo lockdown potrebbe appannare le ambizioni e la crescita. Per la Puglia la situazione è assolutamente unica, poiché il turismo, il marketing territoriale, la promozione delle eccellenza gastronomiche, architettoniche, storiche e popolari potrebbero proprio in questo momento diventare un volano per la crescita in termini economici e sociali della nostra regione.
Sull'argomento ne abbiamo discusso con un esperto, il manager giovinazzese Luigi Morva. Nonostante le sue solide e orgogliose radici pugliesi, è un professionista apprezzato in tutto il mondo, con una carriera di circa 30 anni in Italia e in giro per il mondo. Grazie alla sua esperienza manageriale di alto profilo in aziende multinazionali, è stato insignito a gennaio 2020 del premio "Excellence Pugliesi 2020" alla Camera dei Deputati. Oggi è alla guida di Brand Builder, una società di consulenza aziendale con sedi in Italia e negli Stati Uniti.
Di cosa si occupa Brand Builder e a quali realtà si rivolge?
«Brand Builder nasce da una mia idea ben sette anni, e dal 2015 è diventata una società. In oltre 20 anni di lavoro all'interno di varie multinazionali, non avevo mai pensato di lasciare il lavoro "in azienda". Ma col tempo mi sono reso conto di aver acquisito una speciale predisposizione nel desiderio di costruire brand, e di migliorare situazioni già esistenti. Con brand Builder ci occupiamo sostanzialmente di tre ambiti: la gestione d'impresa, dall'area strategica a quella commerciale, fino all'asset market repositioning; l'ambito legale societario; e infine l'internazionalizzazione, con l'obiettivo di portare le aziende in tutto il mondo, con un focus in particolare nel Nord America».
Negli ultimi anni la Puglia ha fatto un balzo in avanti verso una maggiore riconoscibilità nel mondo: pensiamo agli aspetti folkloristici come la pizzica, eventi come la Notte della Taranta, eccellenze dell'enogastronomia come i nostri vini e le orecchiette di Bari Vecchia, oltre alle bellezze naturali che incantano tutti i visitatori. Con tutte queste premesse, la Puglia è pronta per identificarsi come un vero brand?
«Secondo il mio punto di vista sì. Bisogna dire che negli ultimi 15-20 anni è stato fatto un grandissimo lavoro in Puglia relativamente alla brand awareness della Regione a livello mondiale. Certamente c'è ancora moltissimo da fare: basti pensare alla riconoscibilità di brand consolidati come Toscana e Langhe, che sono identificabili all'estero in maniera molto forte. Per la Puglia parliamo ancora di una bozza di un piano strategico già in atto che potrebbe portare la Puglia alla strutturazione di un vero brand. Essere un brand significa rispettare alcuni indicatori chiari, riconosciuti a livello globale. Il lavoro da fare è tanto ma le basi ci sono: la nostra regione ha una serie di anime che potrebbero soddisfare le esigenze dei consumatori internazionali, anche dei più esigenti. La Puglia potrebbe essere un grandissimo volano per l'economia nazionale».
In che modo l'emergenza Covid-19 ha cambiato la vita delle aziende pugliesi rispetto al mercato internazionale? Quali margini ci sono per le imprese del nostro territorio di guardare al resto del mondo in questo periodo pieno di difficoltà per gli scambi, gli incontri e le intese a livello planetario?
«Le aziende italiane, e quelle pugliesi in particolare, negli anni hanno seguito un cliché: quello di "andare all'estero" per espandere il proprio business. Una strategia spesso realizzata in modo molto banale, con un copia e incolla di metodologie utilizzate da altri, non tutte con grande successo. Questo era il classico approccio verso il mercato estero. Il Covid ha stravolto le cose. Innanzitutto è riuscito a fare una cosa che nessuno sarebbe mai riuscito a fare: ha bloccato gli scambi internazionali. Basta pensare ai prodotti alimentali, alla moda, ai flussi turistici. Da adesso in poi il modo di gestire l'export e di fare strategie va completamente rivisto. Ce lo impone ciò che è accaduto durante l'emergenza Covid. Bisogna guardare molto di più ai processi innovativi, alla trasparenza, alla sostenibilità. La ripresa sarà molto lenta, e bisognerà compiere i giusti passi per non commettere errori. Nonostante tutto questo lavoro che si pone davanti a noi, l'internazionalizzazione è e sarà sempre la più grande via di salute e crescita per le aziende pugliesi».
Sull'argomento ne abbiamo discusso con un esperto, il manager giovinazzese Luigi Morva. Nonostante le sue solide e orgogliose radici pugliesi, è un professionista apprezzato in tutto il mondo, con una carriera di circa 30 anni in Italia e in giro per il mondo. Grazie alla sua esperienza manageriale di alto profilo in aziende multinazionali, è stato insignito a gennaio 2020 del premio "Excellence Pugliesi 2020" alla Camera dei Deputati. Oggi è alla guida di Brand Builder, una società di consulenza aziendale con sedi in Italia e negli Stati Uniti.
Di cosa si occupa Brand Builder e a quali realtà si rivolge?
«Brand Builder nasce da una mia idea ben sette anni, e dal 2015 è diventata una società. In oltre 20 anni di lavoro all'interno di varie multinazionali, non avevo mai pensato di lasciare il lavoro "in azienda". Ma col tempo mi sono reso conto di aver acquisito una speciale predisposizione nel desiderio di costruire brand, e di migliorare situazioni già esistenti. Con brand Builder ci occupiamo sostanzialmente di tre ambiti: la gestione d'impresa, dall'area strategica a quella commerciale, fino all'asset market repositioning; l'ambito legale societario; e infine l'internazionalizzazione, con l'obiettivo di portare le aziende in tutto il mondo, con un focus in particolare nel Nord America».
Negli ultimi anni la Puglia ha fatto un balzo in avanti verso una maggiore riconoscibilità nel mondo: pensiamo agli aspetti folkloristici come la pizzica, eventi come la Notte della Taranta, eccellenze dell'enogastronomia come i nostri vini e le orecchiette di Bari Vecchia, oltre alle bellezze naturali che incantano tutti i visitatori. Con tutte queste premesse, la Puglia è pronta per identificarsi come un vero brand?
«Secondo il mio punto di vista sì. Bisogna dire che negli ultimi 15-20 anni è stato fatto un grandissimo lavoro in Puglia relativamente alla brand awareness della Regione a livello mondiale. Certamente c'è ancora moltissimo da fare: basti pensare alla riconoscibilità di brand consolidati come Toscana e Langhe, che sono identificabili all'estero in maniera molto forte. Per la Puglia parliamo ancora di una bozza di un piano strategico già in atto che potrebbe portare la Puglia alla strutturazione di un vero brand. Essere un brand significa rispettare alcuni indicatori chiari, riconosciuti a livello globale. Il lavoro da fare è tanto ma le basi ci sono: la nostra regione ha una serie di anime che potrebbero soddisfare le esigenze dei consumatori internazionali, anche dei più esigenti. La Puglia potrebbe essere un grandissimo volano per l'economia nazionale».
In che modo l'emergenza Covid-19 ha cambiato la vita delle aziende pugliesi rispetto al mercato internazionale? Quali margini ci sono per le imprese del nostro territorio di guardare al resto del mondo in questo periodo pieno di difficoltà per gli scambi, gli incontri e le intese a livello planetario?
«Le aziende italiane, e quelle pugliesi in particolare, negli anni hanno seguito un cliché: quello di "andare all'estero" per espandere il proprio business. Una strategia spesso realizzata in modo molto banale, con un copia e incolla di metodologie utilizzate da altri, non tutte con grande successo. Questo era il classico approccio verso il mercato estero. Il Covid ha stravolto le cose. Innanzitutto è riuscito a fare una cosa che nessuno sarebbe mai riuscito a fare: ha bloccato gli scambi internazionali. Basta pensare ai prodotti alimentali, alla moda, ai flussi turistici. Da adesso in poi il modo di gestire l'export e di fare strategie va completamente rivisto. Ce lo impone ciò che è accaduto durante l'emergenza Covid. Bisogna guardare molto di più ai processi innovativi, alla trasparenza, alla sostenibilità. La ripresa sarà molto lenta, e bisognerà compiere i giusti passi per non commettere errori. Nonostante tutto questo lavoro che si pone davanti a noi, l'internazionalizzazione è e sarà sempre la più grande via di salute e crescita per le aziende pugliesi».