La letteratura che sopravvisse alla guerra
Giovinazzo ha ospitato un convegno internazionale di grande portata
sabato 17 gennaio 2015
11.59
Giovinazzo non aveva mai vissuto un convegno internazionale di tale portata. Per due giorni la sala Marano, all'interno dell'Istituto Vittorio Emanuele II, ha ospitato "Riflessi della guerra nelle letterature europee - 1914-1918", un incontro di studi fortemente voluto dall'Assessorato alla Pubblica Istruzione del Comune di Giovinazzo, in collaborazione con l'Università degli Studi di Bari ed il prestigioso "Institut Français", a 100 anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Al convegno hanno partecipato anche gli studenti liceo classico-scientifico "Matteo Spinelli" di Giovinazzo e del liceo scientifico "Orazio Tedone" di Ruvo di Puglia. Dopo i saluti istituzionali, Luciano Canfora, filologo e storico di grande fama si è soffermato sulla "guerra degli spiriti" ovvero l'impegno su vari fronti dell'intellettualità accademica, insistendo particolarmente sulla situazione italiana, con riferimento particolare alle argomentazioni di Benito Mussolini a favore dell'ingresso in guerra e su quella tedesca, con il caso dell'"appello dei 93" e del loro incitamento al militarismo. Anche Romano Luperini, docente di Letteratura Italiana e Moderna a Siena, si è interessato alla posizione assunta dagli intellettuali dell'epoca ed ha evocato diversi autori, ognuno con la propria idea della guerra, con cenni anche alla loro produzione artistica, concludendo che «la guerra cancella ogni spazio autonomo della cultura» e tutti gli intellettuali dell'epoca sperimentano una crisi radicale che impedisce loro di avere una propria autonomia. Molto apprezzato anche l'intervento di Stefano Bronzini, anglista dell'Ateneo barese, il quale ha evidenziato i riflessi del conflitto bellico nella produzione letteraria inglese, dove si arriva alla scelta di forme espressive estreme e cruente, seppur di matrice romantica (il riferimento è soprattutto allo scrittore Wilfred Owen).
Tra gli altri interventi, tutti molto interessanti, Massimo Del Pizzo, professore di Letteratura Francese presso il Dipartimento di Lettere, Lingue ed Arti di Bari, ha ritrovato la crudeltà dei conflitti in autori come Henri Barbusse e Blaise Cendrars e soprattutto nell'uso di un lessico del sovrannaturale e del fantastico, a significare quanto difficile fosse raccontare quella immane tragedia. Poi è stata la volta di Michel Delon, emerito alla Università di Parigi IV - Sorbonne, già intervistato da noi al suo arrivo in Puglia. Colui che da tanti è considerato il più grande settecentista in fatto di letteratura francese, ha affermato che «la guerra si fa con le parole e con le immagini» e per provarlo ha analizzato il testo caricaturale di Louis Morin che esplora l'antico risentimento dei francesi contro i tedeschi giudicati rozzi e volgari (il nome del protagonista è il dottor Boche, dove "boche" era il termine dispregiativo con cui i transalpini indicavano il nemico).
Nella giornata di ieri, 16 gennaio, un altro importante docente universitario francese, da noi sentito due giorni fa, Claude Leroy, professore emerito presso l'Università Paris Ouest- Paris X - Nanterre La Défense, ha analizzato le opere di Blaise Cendrars, ripercorrendo anche i momenti centrali della biografia dell'autore, mostrando come la Grande Guerra è stata «non solo un avvenimento esterno, ma è divenuta anche e soprattutto una guerra civile interna» per l'artista, svizzero di nascita, che ha scelto scientemente di andare al fronte come soldato francese per avversare le sue origini teutoniche. Con l'ausilio della nostra traduttrice, Gabriella Serrone, preziosa in queste giornate di studi, abbiamo anche fotografato l'intervento di Mireille Naturel, dell'Università di Paris III - Sorbonne Nouvelle. La relatrice d'oltralpe ha riflettuto sul modo in cui la guerra è descritta in Proust, precisando che l'argomento è sempre trattato indirettamente e come strumento di rivelazione della natura umana. Leonid Nikolaevič Andreev è stato al centro della comunicazione del bravo slavista dell'Università degli Studi di Bari, Marco Caratozzolo, per spiegare come la guerra in Russia fosse stata percepita come un evento di passaggio che avrebbe portato alla rivoluzione d'ottobre.
Tanti interventi di grande prestigio, per una Giovinazzo apparsa ancora un po' troppo tiepida verso eventi di tale portata, nonostante una sala Marano gremita. La nostra cittadina, per due giorni, è stata meno lontana da quella Parigi cuore pulsante della cultura europea, grazie soprattutto allo sforzo del vicesindaco Michele Sollecito, apprezzatissimo nei commenti degli ospiti transalpini. Da qui bisogna ripartire per una ipotesi suggestiva avanzata dagli organizzatori: far divenire Giovinazzo la sede di un convegno internazionale sui temi più disparati almeno una volta l'anno. E per superare il provincialismo imperante in taluni ambienti, sarebbe una cura efficace.
Al convegno hanno partecipato anche gli studenti liceo classico-scientifico "Matteo Spinelli" di Giovinazzo e del liceo scientifico "Orazio Tedone" di Ruvo di Puglia. Dopo i saluti istituzionali, Luciano Canfora, filologo e storico di grande fama si è soffermato sulla "guerra degli spiriti" ovvero l'impegno su vari fronti dell'intellettualità accademica, insistendo particolarmente sulla situazione italiana, con riferimento particolare alle argomentazioni di Benito Mussolini a favore dell'ingresso in guerra e su quella tedesca, con il caso dell'"appello dei 93" e del loro incitamento al militarismo. Anche Romano Luperini, docente di Letteratura Italiana e Moderna a Siena, si è interessato alla posizione assunta dagli intellettuali dell'epoca ed ha evocato diversi autori, ognuno con la propria idea della guerra, con cenni anche alla loro produzione artistica, concludendo che «la guerra cancella ogni spazio autonomo della cultura» e tutti gli intellettuali dell'epoca sperimentano una crisi radicale che impedisce loro di avere una propria autonomia. Molto apprezzato anche l'intervento di Stefano Bronzini, anglista dell'Ateneo barese, il quale ha evidenziato i riflessi del conflitto bellico nella produzione letteraria inglese, dove si arriva alla scelta di forme espressive estreme e cruente, seppur di matrice romantica (il riferimento è soprattutto allo scrittore Wilfred Owen).
Tra gli altri interventi, tutti molto interessanti, Massimo Del Pizzo, professore di Letteratura Francese presso il Dipartimento di Lettere, Lingue ed Arti di Bari, ha ritrovato la crudeltà dei conflitti in autori come Henri Barbusse e Blaise Cendrars e soprattutto nell'uso di un lessico del sovrannaturale e del fantastico, a significare quanto difficile fosse raccontare quella immane tragedia. Poi è stata la volta di Michel Delon, emerito alla Università di Parigi IV - Sorbonne, già intervistato da noi al suo arrivo in Puglia. Colui che da tanti è considerato il più grande settecentista in fatto di letteratura francese, ha affermato che «la guerra si fa con le parole e con le immagini» e per provarlo ha analizzato il testo caricaturale di Louis Morin che esplora l'antico risentimento dei francesi contro i tedeschi giudicati rozzi e volgari (il nome del protagonista è il dottor Boche, dove "boche" era il termine dispregiativo con cui i transalpini indicavano il nemico).
Nella giornata di ieri, 16 gennaio, un altro importante docente universitario francese, da noi sentito due giorni fa, Claude Leroy, professore emerito presso l'Università Paris Ouest- Paris X - Nanterre La Défense, ha analizzato le opere di Blaise Cendrars, ripercorrendo anche i momenti centrali della biografia dell'autore, mostrando come la Grande Guerra è stata «non solo un avvenimento esterno, ma è divenuta anche e soprattutto una guerra civile interna» per l'artista, svizzero di nascita, che ha scelto scientemente di andare al fronte come soldato francese per avversare le sue origini teutoniche. Con l'ausilio della nostra traduttrice, Gabriella Serrone, preziosa in queste giornate di studi, abbiamo anche fotografato l'intervento di Mireille Naturel, dell'Università di Paris III - Sorbonne Nouvelle. La relatrice d'oltralpe ha riflettuto sul modo in cui la guerra è descritta in Proust, precisando che l'argomento è sempre trattato indirettamente e come strumento di rivelazione della natura umana. Leonid Nikolaevič Andreev è stato al centro della comunicazione del bravo slavista dell'Università degli Studi di Bari, Marco Caratozzolo, per spiegare come la guerra in Russia fosse stata percepita come un evento di passaggio che avrebbe portato alla rivoluzione d'ottobre.
Tanti interventi di grande prestigio, per una Giovinazzo apparsa ancora un po' troppo tiepida verso eventi di tale portata, nonostante una sala Marano gremita. La nostra cittadina, per due giorni, è stata meno lontana da quella Parigi cuore pulsante della cultura europea, grazie soprattutto allo sforzo del vicesindaco Michele Sollecito, apprezzatissimo nei commenti degli ospiti transalpini. Da qui bisogna ripartire per una ipotesi suggestiva avanzata dagli organizzatori: far divenire Giovinazzo la sede di un convegno internazionale sui temi più disparati almeno una volta l'anno. E per superare il provincialismo imperante in taluni ambienti, sarebbe una cura efficace.