«L'omicidio Spera legato all'imposizione del pizzo ai pescatori»
Lo afferma l'Antimafia: «Giovinazzo sempre nelle mani degli Strisciuglio»
sabato 6 agosto 2016
Giovani e incensurati. E presunti assassini, almeno secondo le ricostruzioni degli inquirenti. I Carabinieri della Compagnia di Molfetta, il 27 luglio 2015, arrestarono quattro persone, ritenute responsabili dell'omicidio di Gaetano Spera, ucciso in centro il 25 marzo 2015.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, hanno chiarito le dinamiche della morte del 21enne. La vittima, intercettata dai suoi carnefici nei pressi della Villa Comunale, fu avvicinata subito dopo aver parcheggiato lo scooter e raggiunta da otto colpi di pistola calibro 9 al busto e al capo. Il movente dell'omicidio è stato circoscritto all'ambito del controllo sulle attività di pesca nelle acque del litorale di Giovinazzo e Santo Spirito: un regolamento di conti, quindi, legato all'imposizione del pizzo ai pescatori.
Un movente che riporta anche la Direzione Investigativa Antimafia nella propria relazione sul secondo semestre 2015: «A luglio 2015 - si legge a pagina 147 - è stato eseguito l'arresto di quattro responsabili di un efferato omicidio, consumato a colpi di arma da fuoco, avvenuto a Giovinazzo il precedente mese di marzo, ai danni di un giovane. Le investigazioni farebbero ricondurre il movente ad una guerra fra bande per il controllo del settore della pesca e del pizzo da imporre ai pescatori».
L'Antimafia del capoluogo, poi, passando in rassegna la calda situazione della città di Bari, analizza, seppur brevemente, quello che accade nell'hinterland del capoluogo: in realtà, si legge nel rapporto, non è cambiato granché rispetto ai primi sei mesi del 2015. Il quadro, insomma, sembra sostanzialmente immutato con Giovinazzo sempre nelle mani del clan Strisciuglio.
I territori sono segnati «dall'operatività, spesso violenta, di una serie di gruppi criminali minori, molti dei quali connotati dalla presenza di giovani emergenti». Già, i giovani. Stando al lavoro di analisi dei detective dell'Antimafia, le giovani leve «tendono da un lato a risolvere le controversie anche attraverso scontri armati, dall'altro a guadagnare spazio rispetto alle storiche organizzazioni criminali».
Da aggiornare l'elenco delle attività illecite anche se «è tuttavia il traffico di stupefacenti - si legge ancora nel rapporto - il settore da cui le organizzazioni criminali traggono i maggiori profitti», mentre sulle estorsioni la strategia si declina non solo attraverso «la richiesta di denaro», ma anche con «l'imposizione di assunzioni di lavoratori o di contratti fittizi».
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, hanno chiarito le dinamiche della morte del 21enne. La vittima, intercettata dai suoi carnefici nei pressi della Villa Comunale, fu avvicinata subito dopo aver parcheggiato lo scooter e raggiunta da otto colpi di pistola calibro 9 al busto e al capo. Il movente dell'omicidio è stato circoscritto all'ambito del controllo sulle attività di pesca nelle acque del litorale di Giovinazzo e Santo Spirito: un regolamento di conti, quindi, legato all'imposizione del pizzo ai pescatori.
Un movente che riporta anche la Direzione Investigativa Antimafia nella propria relazione sul secondo semestre 2015: «A luglio 2015 - si legge a pagina 147 - è stato eseguito l'arresto di quattro responsabili di un efferato omicidio, consumato a colpi di arma da fuoco, avvenuto a Giovinazzo il precedente mese di marzo, ai danni di un giovane. Le investigazioni farebbero ricondurre il movente ad una guerra fra bande per il controllo del settore della pesca e del pizzo da imporre ai pescatori».
L'Antimafia del capoluogo, poi, passando in rassegna la calda situazione della città di Bari, analizza, seppur brevemente, quello che accade nell'hinterland del capoluogo: in realtà, si legge nel rapporto, non è cambiato granché rispetto ai primi sei mesi del 2015. Il quadro, insomma, sembra sostanzialmente immutato con Giovinazzo sempre nelle mani del clan Strisciuglio.
I territori sono segnati «dall'operatività, spesso violenta, di una serie di gruppi criminali minori, molti dei quali connotati dalla presenza di giovani emergenti». Già, i giovani. Stando al lavoro di analisi dei detective dell'Antimafia, le giovani leve «tendono da un lato a risolvere le controversie anche attraverso scontri armati, dall'altro a guadagnare spazio rispetto alle storiche organizzazioni criminali».
Da aggiornare l'elenco delle attività illecite anche se «è tuttavia il traffico di stupefacenti - si legge ancora nel rapporto - il settore da cui le organizzazioni criminali traggono i maggiori profitti», mentre sulle estorsioni la strategia si declina non solo attraverso «la richiesta di denaro», ma anche con «l'imposizione di assunzioni di lavoratori o di contratti fittizi».