L’odissea del proprietario del Terrazzino: la verità dopo 6 anni

Dal 2014 gli era stata negata l'autorizzazione. È finito sotto inchiesta penale, ma è stato assolto «perché il fatto non costituisce reato»

venerdì 7 agosto 2020 08.00
A cura di Nicola Miccione
Assolto. Dopo 6 anni di attesa è arrivata la sentenza del Tribunale di Bari nei confronti del beach bar Al Terrazzino e del suo titolare, un 56enne giovinazzese. Un dispositivo, quello pronunciato dal giudice Alberto Giuseppe Mastropasqua, che parla di un'assoluzione «perché il fatto non costituisce reato».

Ma soprattutto un dispositivo che avvalora le richieste avanzate dagli avvocati della difesa, Massimo Roberto Chiusolo e Francesca Lombardi, e scrive la parola fine ad una vera e propria odissea. Tutto è iniziato nel 2014, quando l'uomo, secondo una prassi ormai consolidata, ha prodotto allo Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune di Giovinazzo l'istanza per ottenere l'autorizzazione all'apertura della sua attività stagionale.

Parliamo del beach bar Al Terrazzino, in località Trincea, sulla riviera di Ponente, che ha sempre rappresentato un cult dove tornare più e più volte: sin dal lontano 1998, infatti, Palazzo di Città ha sempre rilasciato allo stesso imprenditore il permesso per la gestione del parcheggio estivo di autovetture e l'installazione di un chiosco prefabbricato senza limiti temporali per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

Tutto ciò per ben 16 anni, facendo affidamento sui titoli edilizi e basandosi sulle plurime autorizzazioni rilasciate negli anni precedenti dallo stesso Ente di piazza Vittorio Emanuele II. Poi, però, la storia cambia e dal Comune di Giovinazzo - dopo la segnalazione certificata di inizio attività in cui risultavano rispettate tutte le prescrizioni urbanistiche ed edilizie in materia di destinazione d'uso - arriva l'inatteso altolà: questo avveniva nel 2014.

L'imprenditore non si dà affatto per vinto e, sempre tramite i suoi legali, propone l'impugnazione del provvedimento presso il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, dove i giudici, seppur in via cautelare, accolgono il ricorso consentendo l'immediata riapertura dell'attività. Caso terminato? Tutt'altro. La vicenda, infatti, chiuso il risvolto prettamente amministrativo, ha un inaspettato risvolto penale, proprio a carico dell'uomo.

L'imprenditore viene infatti denunciato per falsità ideologica in atto pubblico «in quanto attestava falsamente che sono rispettate le prescrizioni urbanistiche ed edilizie … in palese contrasto con la destinazione d'uso dell'area interessata, classificata come zona agricola» e, al termine delle indagini preliminari, viene pure rinviato a giudizio, nonostante avesse rappresentato, sin dal primo momento, come la dichiarazione fosse analoga alle precedenti.

Il processo, dopo due anni, si è concluso con l'assoluzione. «La sentenza mi riabilita come uomo e imprenditore - le parole del gestore -. Sin dallo scorso anno, lavorando in sinergia con gli Enti preposti, abbiamo sanato amministrativamente la vicenda. In questo momento storico dobbiamo andare avanti».