L'epidemiologo Lopalco: «Tamponi di massa inutili e dannosi»
La risposta alle richieste dell'Ordine dei medici e dei sindacati di polizia dopo la morte del dottor Le Rose
martedì 21 aprile 2020
23.40
La morte del dottor Antonio Le Rose, otorinolaringoiatra di Altamura in servizio all'Ospedale "Perinei" e deceduto dopo aver contratto il coronavirus, ha sconvolto l'intera comunità medica.
Una perdita che ha spinto il presidente dell'Ordine dei medici di Bari, Filippo Anelli, a chiedere interventi importanti a tutela di chi è in corsia ed è in prima linea nella lotta al Covid 19.
«Per porre fine a questa strage - afferma Anelli - urge tutelare l'integrità psicofisica di chi lavora nella Sanità. Servono i dispositivi di protezione ma anche tamponi di routine eseguiti ogni settimana su tutti gli operatori sanitari per tutelare loro e gli stessi pazienti» chiedendo di effettuare screening a tappeto per intercettare eventuali casi di positività al virus in soggetti asintomatici.
«Se le strutture pubbliche hanno capacità limitate in questo momento, che si autorizzino i laboratori privati in grado di eseguire i tamponi a farli - propone Anelli - con l'obbligo di comunicare i risultati al centro di coordinamento regionale» prosegue Anelli. E conclude: «La sicurezza dei lavoratori e dei cittadini che si affidano alle cure degli operatori sanitari sono diritti costituzionalmente garantiti, che devono essere tutelati dal SSR. Non si tratta di una concessione, ma di una pretesa in nome della nostra Carta Costituzionale su cui gli amministratori hanno giurato fedeltà nell'adempimento del loro mandato».
Anche i sindacati delle forze dell'ordine avevano richiesto, nei giorni scorsi, che il personale in servizio venisse sottoposto costantemente a tamponi per individuare eventuali casi di positività al virus e per questo si erano rivolti con un appello al presidente della Regione Michele Emiliano .
Alle loro richieste ha oggi risposto il prof. Pier Luigi Lopalco, responsabile del coordinamento epidemiologico della Regione Puglia che ha spiegato perché i tamponi «non sono solo inutili, ma anche dannosi»
«Il tampone rileva il virus, con un certo livello neanche ottimale di sensibilità e specificità, solo in coloro che in quello specifico istante sono portatori del virus. La finalità dell'esame è dunque quella di fare diagnosi di COVID-19 in caso di sospetto. Il sospetto può essere legato o alla presenza di sintomi suggestivi o di confermato contatto con un caso accertato di COVID-19 per escludere l'avvenuto contagio. Con una tale strategia di ricerca, attualmente in Puglia si riesce ad ottenere un livello di positività al tampone intorno al 5%. Fra i soggetti positivi, ricercati con i criteri sovra esposti, un terzo circa dei sospetti è asintomatico. Andando a ricercare i positivi con un criterio comunque allargato ma pur sempre mirato, si identifica appena un 1-2% di soggetti asintomatici al momento del tampone. È un buon risultato, considerando che tale soggetti, anche se pochi, costituiscono comunque una potenziale fonte di contagio. Ma si capisce bene come, se invece tale indagine fosse eseguita a tappeto su una platea random di soggetti asintomatici, il numero di portatori positivi che si riuscirebbe a scovare sarebbe irrisorio. Non solo, considerando i valori di specificità e sensibilità della metodica, la quota di falsi negativi e falsi positivi da gestire sarebbe superiore a quella dei veri positivi eventualmente identificati», continua l'epidemiologo.
E spiega: «Insomma, il tampone NON è un buon test di screening e utilizzarlo a questo scopo andrebbe contro ogni logica scientifica. Oltre al fatto che un aggravio del carico di lavoro dei laboratori porterebbe inevitabilmente a colli di bottiglia e ritardi per analisi di altri soggetti che presentassero una reale necessità di avere un risultato in tempi brevi. Inoltre, poiché il risultato negativo al tampone avrebbe un significato solo transitorio, il rischio per un operatore di positivizzarsi nel giro di poche ore o pochi giorni resterebbe comunque. Il test negativo, quindi, potrebbe indurre a comportamenti più lassisti nei confronti delle misure di distanziamento e corretto utilizzo dei DPI in ambiente di lavoro».
E in conclusione: «Insomma, più tamponi sì, ma con criteri dettati dalla scienza. Tamponi di massa o sistematici agli operatori sanitari non sono solo inutili, ma anche dannosi».
Una perdita che ha spinto il presidente dell'Ordine dei medici di Bari, Filippo Anelli, a chiedere interventi importanti a tutela di chi è in corsia ed è in prima linea nella lotta al Covid 19.
«Per porre fine a questa strage - afferma Anelli - urge tutelare l'integrità psicofisica di chi lavora nella Sanità. Servono i dispositivi di protezione ma anche tamponi di routine eseguiti ogni settimana su tutti gli operatori sanitari per tutelare loro e gli stessi pazienti» chiedendo di effettuare screening a tappeto per intercettare eventuali casi di positività al virus in soggetti asintomatici.
«Se le strutture pubbliche hanno capacità limitate in questo momento, che si autorizzino i laboratori privati in grado di eseguire i tamponi a farli - propone Anelli - con l'obbligo di comunicare i risultati al centro di coordinamento regionale» prosegue Anelli. E conclude: «La sicurezza dei lavoratori e dei cittadini che si affidano alle cure degli operatori sanitari sono diritti costituzionalmente garantiti, che devono essere tutelati dal SSR. Non si tratta di una concessione, ma di una pretesa in nome della nostra Carta Costituzionale su cui gli amministratori hanno giurato fedeltà nell'adempimento del loro mandato».
Anche i sindacati delle forze dell'ordine avevano richiesto, nei giorni scorsi, che il personale in servizio venisse sottoposto costantemente a tamponi per individuare eventuali casi di positività al virus e per questo si erano rivolti con un appello al presidente della Regione Michele Emiliano .
Alle loro richieste ha oggi risposto il prof. Pier Luigi Lopalco, responsabile del coordinamento epidemiologico della Regione Puglia che ha spiegato perché i tamponi «non sono solo inutili, ma anche dannosi»
LOPALCO: «Inutile e dannosi i tamponi di massa e sistematici»
«La richiesta di avviare programmi di screening di massa per la ricerca del virus SARS-CoV-2 con tecniche di biologia molecolare (il cosiddetto tampone), seppur comprensibile in un momento di pressione come quello che stiamo vivendo, non è comunque sostanziata da alcuna evidenza di efficacia. La ricerca a tappeto del virus in una platea di soggetti asintomatici, infatti, non è utile né come mezzo di prevenzione della diffusione del virus in ambito ospedaliero, né come tutela della salute dell'operatore», afferma il prof Pierluigi Lopalco, coordinatore scientifico della task force pugliese.«Il tampone rileva il virus, con un certo livello neanche ottimale di sensibilità e specificità, solo in coloro che in quello specifico istante sono portatori del virus. La finalità dell'esame è dunque quella di fare diagnosi di COVID-19 in caso di sospetto. Il sospetto può essere legato o alla presenza di sintomi suggestivi o di confermato contatto con un caso accertato di COVID-19 per escludere l'avvenuto contagio. Con una tale strategia di ricerca, attualmente in Puglia si riesce ad ottenere un livello di positività al tampone intorno al 5%. Fra i soggetti positivi, ricercati con i criteri sovra esposti, un terzo circa dei sospetti è asintomatico. Andando a ricercare i positivi con un criterio comunque allargato ma pur sempre mirato, si identifica appena un 1-2% di soggetti asintomatici al momento del tampone. È un buon risultato, considerando che tale soggetti, anche se pochi, costituiscono comunque una potenziale fonte di contagio. Ma si capisce bene come, se invece tale indagine fosse eseguita a tappeto su una platea random di soggetti asintomatici, il numero di portatori positivi che si riuscirebbe a scovare sarebbe irrisorio. Non solo, considerando i valori di specificità e sensibilità della metodica, la quota di falsi negativi e falsi positivi da gestire sarebbe superiore a quella dei veri positivi eventualmente identificati», continua l'epidemiologo.
E spiega: «Insomma, il tampone NON è un buon test di screening e utilizzarlo a questo scopo andrebbe contro ogni logica scientifica. Oltre al fatto che un aggravio del carico di lavoro dei laboratori porterebbe inevitabilmente a colli di bottiglia e ritardi per analisi di altri soggetti che presentassero una reale necessità di avere un risultato in tempi brevi. Inoltre, poiché il risultato negativo al tampone avrebbe un significato solo transitorio, il rischio per un operatore di positivizzarsi nel giro di poche ore o pochi giorni resterebbe comunque. Il test negativo, quindi, potrebbe indurre a comportamenti più lassisti nei confronti delle misure di distanziamento e corretto utilizzo dei DPI in ambiente di lavoro».
E in conclusione: «Insomma, più tamponi sì, ma con criteri dettati dalla scienza. Tamponi di massa o sistematici agli operatori sanitari non sono solo inutili, ma anche dannosi».