L'Amministrazione comunale di Giovinazzo si schiera con Capitano Ultimo dopo la revoca della scorta

L'iniziativa portata avanti sui social con la richiesta di condividere il più possibile l'appello

sabato 12 ottobre 2019 14.57
A cura di Gianluca Battista
«Chi è stato condannato a morte dalla mafia non può essere lasciato solo dalla Stato. Ridate la scorta al Capitano Ultimo».

L'appello accorato arriva dal profilo Facebook del Sindaco di Giovinazzo, Tommaso Depalma, ed è stato poi ripreso anche dai profili istituzionali del Comune. Con il primo cittadino anche il Presidente del Consiglio comunale, Alfonso Arbore, Assessori della Giunta e Consiglieri comunali di maggioranza, i quali hanno così voluto esprimere la vicinanza all'uomo simbolo della lotta alla mafia, oggi privato della scorta.

Il colonnello Sergio De Caprio, questo il nome di Capitano Ultimo, è stato a capo dell'unità Crimor dei Carabinieri ed è noto, tra gli altri enormi meriti, per aver arrestato Totò Riina nel 1993.

Da quest'oggi, 12 ottobre, in tutta Italia decine di volontari ed amici di Capitano Ultimo hanno deciso di portare avanti una protesta formale, opponendosi alla revoca della scorta stampando e portando con loro la foto allegata, indicandolocalità di nascita e dove vivono. Il gesto della maggioranza giovinazzese intende dunque dar sostegno a questa battaglia, che gli amici di De Caprio hanno definito «piccoli soldati dell'immenso esercito» di coloro i quali si ribellano a questa assurda decisione.

Capitano Ultimo non è massima espressione del senso dello Stato, ma è anche simbolo di solidarietà, poiché è il fondatore della casa famiglia "Volontari capitano ultimo" alle porte di Roma, dove porta avanti progetti di solidarietà nei confronti dei meno fortunati.

Ironico, anche in un momento così difficile, qualche giorno fa Capitano Ultimo aveva twittato amaro: «Nessun pericolo, la mafia non c'è più, è stato un gioco».

La scorta a De Caprio era stata revocata già una prima volta dalla Prefettura di Roma nel settembre 2018, ma poi era stato il Tar del Lazio a giudicare illegittimo il provvedimento.