Inizia il mondiale degli "altri". Nessuna bandiera sui nostri balconi
Oggi a Mosca la partita inaugurale tra Russia ed Arabia Saudita. Ma i cuori italiani restano fermi
giovedì 14 giugno 2018
08.00
Non batteranno per la nazionale italiana i cuori dei giovinazzesi. Non a questo giro, non stavolta. I nostri balconi sono desolatamente disadorni, nessun tricolore sventolerà.
L'Italia non parteciperà ai Campionati del Mondo di calcio che prenderanno il via questo pomeriggio, alle 17.00, allo Stadio Luzhniki di Mosca, dove si affronteranno i padroni di casa della Russia e l'Arabia Saudita. Gli azzurri non ci saranno dopo la sciagurata eliminazione ai playoff contro la Svezia, lo si sa da mesi, e fin quando c'è stato il campionato a tenere banco, forse, ci abbiamo volutamente pensato poco.
Terminata la stagione della massima serie e soprattutto finito il sogno promozione del Bari, oggi alle prese con tribolazioni societarie, ci siamo trovati tutti di fronte a quello spettro (sportivo) che avevamo allontanato per mesi. Non ci saranno dunque le bandiere ai nostri balconi, l'interista non gioirà per una volta per un gol messo a segno da un calciatore di proprietà della Juventus, il romanista non inciterà quello laziale e il barese non sosterrà il napoletano.
Le nostre strade resteranno affollate durante i match che seguiremo distrattamente e nessun silenzio carico di attesa calerà su Giovinazzo, pronta ad esplodere per una impresa azzurra.
Triste, molto triste, soprattutto per gli under 60 che un'Italia fuori dal mondiale (l'ultima volta fu guarda caso proprio in Svezia nel 1958) non l'avevano mai vista. Il calcio e lo sport sono anche questo, dolore acuto per chi lo vive intensamente, neanche se nella vita di ciascuno non vi fossero problemi ben più importanti.
«Privati del più bel giocattolo del mondo - ha però giustamente scritto su La Gazzetta del Mezzogiorno, Valentino Losito -, pencoleremo per un mese alla ricerca di improbabili palliativi. Una giornata al mare, una corsa in bicicletta, una gita fuori porta, un week end in campagna. Faremo di tutto, ma invano, per vincere la crisi di astinenza da pallone. Non ci sarà tramonto che varrà una parata di Buffon o gelato al cioccolato che potrà avere la dolcezza di un gol di Pablito. Niente e nessuno potranno fermare l'onda d'urto dei ricordi che ci gonfiano il cuore di tristezza. Una finta di Rivera, una rovesciata di Riva, la pipa di Bearzot e lo scopone di Pertini: un tuffo al cuore, colmo di gioie e lacrime».
I nostri balconi resteranno dunque spogli, il verde il bianco ed il rosso non ondeggeranno al soffio di una brezza estiva. Clacson e trombe non suoneranno, le famiglie e le comitive d'amici non si riuniranno. Gli appassionati penseranno al calcio mercato, gli occasionali ammiratori dell'arte pedatoria risparmieranno i loro commenti infarciti di luoghi comuni che però facevano bella l'atmosfera unica dei grandi eventi sportivi.
Intanto il nostro pallone sgonfiato tenta di abbozzare una rinascita, con un tecnico nuovo e nuovi vertici federali, senza che la sensazione di inadeguatezza alle nuove (e vecchie) corazzate del calcio internazionale si tolga di dosso. La verità è che quel pallone resterà probabilmente sgonfio ancora a lungo se non avremo il coraggio di rilanciare nei nostri massimi campionati quasi esclusivamente talenti nostrani.
Inizia il mondiale degli altri, dei tedeschi che difenderanno il titolo, dei brasiliani che come sempre hanno già vinto prima di giocarlo, degli spagnoli forti ed in confusione per il cambio in panchina a due giorni dalla sfida col Portogallo di Cristiano Ronaldo, degli argentini con Sua Maestà Messi e compagni impegnati in un training autogeno per convincersi della propria forza, e delle outsider Belgio e Croazia per cui "se non ora, quando?".
Bandiere richiuse, impolverate, ad aspettare che "le notti magiche" tornino, magari nel 2020 in occasione del primo Europeo itinerante.
Agli altri il bello del calcio, l'attesa, il confronto, la gioia ed anche la delusione che si prova solo se si è scesi su quel rettangolo di gioco. A noi invece solo la sbiadita speranza di un futuro migliore.
Non si chiuderanno valigie, non ci saranno cieli che si coloreranno d'azzurro ed i caroselli li terremo per una prossima occasione, anche perché senza Cecchino non sarebbe stata la stessa cosa. Aspetteremo, come il popolo italiano non hai mai saputo fare quando si trattava di pallone. Aspetteremo perché la lezione questa volta l'abbiamo imparata tutti: tifosi, dirigenti, tecnici e calciatori.
Per ora guarderemo gli altri e riapriremo i cassetti in cui custodiamo i nostri ricordi belli, che sanno di abbracci lunghi, di bandiere al vento e di tuffi nelle fontane.
Nostalgia, nostalgia canaglia.
L'Italia non parteciperà ai Campionati del Mondo di calcio che prenderanno il via questo pomeriggio, alle 17.00, allo Stadio Luzhniki di Mosca, dove si affronteranno i padroni di casa della Russia e l'Arabia Saudita. Gli azzurri non ci saranno dopo la sciagurata eliminazione ai playoff contro la Svezia, lo si sa da mesi, e fin quando c'è stato il campionato a tenere banco, forse, ci abbiamo volutamente pensato poco.
Terminata la stagione della massima serie e soprattutto finito il sogno promozione del Bari, oggi alle prese con tribolazioni societarie, ci siamo trovati tutti di fronte a quello spettro (sportivo) che avevamo allontanato per mesi. Non ci saranno dunque le bandiere ai nostri balconi, l'interista non gioirà per una volta per un gol messo a segno da un calciatore di proprietà della Juventus, il romanista non inciterà quello laziale e il barese non sosterrà il napoletano.
Le nostre strade resteranno affollate durante i match che seguiremo distrattamente e nessun silenzio carico di attesa calerà su Giovinazzo, pronta ad esplodere per una impresa azzurra.
Triste, molto triste, soprattutto per gli under 60 che un'Italia fuori dal mondiale (l'ultima volta fu guarda caso proprio in Svezia nel 1958) non l'avevano mai vista. Il calcio e lo sport sono anche questo, dolore acuto per chi lo vive intensamente, neanche se nella vita di ciascuno non vi fossero problemi ben più importanti.
«Privati del più bel giocattolo del mondo - ha però giustamente scritto su La Gazzetta del Mezzogiorno, Valentino Losito -, pencoleremo per un mese alla ricerca di improbabili palliativi. Una giornata al mare, una corsa in bicicletta, una gita fuori porta, un week end in campagna. Faremo di tutto, ma invano, per vincere la crisi di astinenza da pallone. Non ci sarà tramonto che varrà una parata di Buffon o gelato al cioccolato che potrà avere la dolcezza di un gol di Pablito. Niente e nessuno potranno fermare l'onda d'urto dei ricordi che ci gonfiano il cuore di tristezza. Una finta di Rivera, una rovesciata di Riva, la pipa di Bearzot e lo scopone di Pertini: un tuffo al cuore, colmo di gioie e lacrime».
I nostri balconi resteranno dunque spogli, il verde il bianco ed il rosso non ondeggeranno al soffio di una brezza estiva. Clacson e trombe non suoneranno, le famiglie e le comitive d'amici non si riuniranno. Gli appassionati penseranno al calcio mercato, gli occasionali ammiratori dell'arte pedatoria risparmieranno i loro commenti infarciti di luoghi comuni che però facevano bella l'atmosfera unica dei grandi eventi sportivi.
Intanto il nostro pallone sgonfiato tenta di abbozzare una rinascita, con un tecnico nuovo e nuovi vertici federali, senza che la sensazione di inadeguatezza alle nuove (e vecchie) corazzate del calcio internazionale si tolga di dosso. La verità è che quel pallone resterà probabilmente sgonfio ancora a lungo se non avremo il coraggio di rilanciare nei nostri massimi campionati quasi esclusivamente talenti nostrani.
Inizia il mondiale degli altri, dei tedeschi che difenderanno il titolo, dei brasiliani che come sempre hanno già vinto prima di giocarlo, degli spagnoli forti ed in confusione per il cambio in panchina a due giorni dalla sfida col Portogallo di Cristiano Ronaldo, degli argentini con Sua Maestà Messi e compagni impegnati in un training autogeno per convincersi della propria forza, e delle outsider Belgio e Croazia per cui "se non ora, quando?".
Bandiere richiuse, impolverate, ad aspettare che "le notti magiche" tornino, magari nel 2020 in occasione del primo Europeo itinerante.
Agli altri il bello del calcio, l'attesa, il confronto, la gioia ed anche la delusione che si prova solo se si è scesi su quel rettangolo di gioco. A noi invece solo la sbiadita speranza di un futuro migliore.
Non si chiuderanno valigie, non ci saranno cieli che si coloreranno d'azzurro ed i caroselli li terremo per una prossima occasione, anche perché senza Cecchino non sarebbe stata la stessa cosa. Aspetteremo, come il popolo italiano non hai mai saputo fare quando si trattava di pallone. Aspetteremo perché la lezione questa volta l'abbiamo imparata tutti: tifosi, dirigenti, tecnici e calciatori.
Per ora guarderemo gli altri e riapriremo i cassetti in cui custodiamo i nostri ricordi belli, che sanno di abbracci lunghi, di bandiere al vento e di tuffi nelle fontane.
Nostalgia, nostalgia canaglia.