Il nostro ultimo saluto al "maestro dei cornetti"
Si è spento a 59 anni Domenico Caputi, apprezzato artigiano del settore dei prodotti da forno
giovedì 7 marzo 2019
1.07
Troppo presto è andato via Domenico Caputi, appena 59enne, che ha lasciato moglie e figli qualche giorno fa. I suoi funerali sono stati celebrati martedì 5 marzo a San Domenico.
Lui era stato ribattezzato "il maestro dei cornetti" per via della sua abilità da panificatore e artigiano dei prodotti da forno.
In via Fossato porte chiuse negli ultimi giorni ad una delle attività commerciali più frequentate nei weekend e in tutti i mesi estivi. Porte chiuse, per ora, a contenere il ricordo di un uomo ancora giovane che attraverso il lavoro suo e della sua famiglia è riuscito a dare un futuro ai propri figli.
Lavoro duro, fatto di notti insonni come quelle di tutti gli uomini e le donne di Giovinazzo che lavorano in quel settore. Storie semplici, taciute, perché ritenute ordinarie, ma che di ordinario hanno solo la cadenza del sacrificio.
Lavoro duro che non lo aveva di certo aiutato con la salute, troppo cagionevole negli ultimi anni costellati da peripezie. Eppure era tornato lì, nel suo laboratorio, con figli, moglie e collaboratori a impastare, a usare le mani con sapienza, affidandosi poi alle macchine ed ai forni per completare quel processo affascinante per chi lo guarda dall'esterno e così faticoso per chi ne è l'artefice.
Di Domenico Caputi, come di altri in un recente passato, abbiamo inteso scrivere perché emblemi della fatica, del lavoro onesto, della forza di volontà di non mollare in momenti anche difficili.
Conosceva solo la parola impegno, come ci ha ricordato spesso sua moglie Margherita; conosceva il caldo asfissiante estivo e il freddo invernale per raggiungere in piena notte il laboratorio e rari letti lo hanno visto riposare fino al mattino come accade per tutti gli altri.
Istrionica la sua metà, mite lui. Luna e sole che si incontravano da anni dietro il banco di un forno conoscendo solo la parola lavoro come principio a cui attenersi.
Col viso e le mani sporchi di farina, lo abbiamo osservato tante volte Domenico, che non lesinava un saluto garbato, mai cerimonioso, sopra le righe, quando si andava a comprare uno dei suoi meravigliosi cornetti o una delle bontà che preparava. E mentre gli altri facevano festa grazie al suo lavoro, lui era il regista silenzioso dei momenti conviviali altrui, un passo al lato, dietro le quinte, sempre pronto a scomparire perché c'era sempre da fare e perché uno così in mostra non avrebbe mai voluto mettersi.
Un artigiano del pane e dei dolci da forno, certamente, ma soprattutto un uomo che ha reso migliori le serate di molti di noi e di migliaia di persone (tantissimi dal circondario) che ne hanno conosciuto le bontà realizzate. Ed a lui rendiamo un omaggio semplice, quello che si deve ai lavoratori silenziosi, coloro i quali operano quando gli altri dormono, anelli indispensabili della nostra vita comunitaria.
Non esiste retorica in questi casi, c'è solo la constatazione di ciò che qualcuno lascia quando se ne va, quando gli altri si accorgono di quel buco, di quel vuoto, di quelle porte serrate nel laboratorio dove i palati di tanti sono stati soddisfatti da piccole grandi magie, magari senza accorgersi del sacrificio altrui.
La nostra carezza alla signora Margherita perché riconquisti presto il sorriso ed il dolore si faccia ricordo tenero e la vicinanza ai suoi figli e familiari. Il "maestro dei cornetti" saprà guidarli anche da lontano.
Lui era stato ribattezzato "il maestro dei cornetti" per via della sua abilità da panificatore e artigiano dei prodotti da forno.
In via Fossato porte chiuse negli ultimi giorni ad una delle attività commerciali più frequentate nei weekend e in tutti i mesi estivi. Porte chiuse, per ora, a contenere il ricordo di un uomo ancora giovane che attraverso il lavoro suo e della sua famiglia è riuscito a dare un futuro ai propri figli.
Lavoro duro, fatto di notti insonni come quelle di tutti gli uomini e le donne di Giovinazzo che lavorano in quel settore. Storie semplici, taciute, perché ritenute ordinarie, ma che di ordinario hanno solo la cadenza del sacrificio.
Lavoro duro che non lo aveva di certo aiutato con la salute, troppo cagionevole negli ultimi anni costellati da peripezie. Eppure era tornato lì, nel suo laboratorio, con figli, moglie e collaboratori a impastare, a usare le mani con sapienza, affidandosi poi alle macchine ed ai forni per completare quel processo affascinante per chi lo guarda dall'esterno e così faticoso per chi ne è l'artefice.
Di Domenico Caputi, come di altri in un recente passato, abbiamo inteso scrivere perché emblemi della fatica, del lavoro onesto, della forza di volontà di non mollare in momenti anche difficili.
Conosceva solo la parola impegno, come ci ha ricordato spesso sua moglie Margherita; conosceva il caldo asfissiante estivo e il freddo invernale per raggiungere in piena notte il laboratorio e rari letti lo hanno visto riposare fino al mattino come accade per tutti gli altri.
Istrionica la sua metà, mite lui. Luna e sole che si incontravano da anni dietro il banco di un forno conoscendo solo la parola lavoro come principio a cui attenersi.
Col viso e le mani sporchi di farina, lo abbiamo osservato tante volte Domenico, che non lesinava un saluto garbato, mai cerimonioso, sopra le righe, quando si andava a comprare uno dei suoi meravigliosi cornetti o una delle bontà che preparava. E mentre gli altri facevano festa grazie al suo lavoro, lui era il regista silenzioso dei momenti conviviali altrui, un passo al lato, dietro le quinte, sempre pronto a scomparire perché c'era sempre da fare e perché uno così in mostra non avrebbe mai voluto mettersi.
Un artigiano del pane e dei dolci da forno, certamente, ma soprattutto un uomo che ha reso migliori le serate di molti di noi e di migliaia di persone (tantissimi dal circondario) che ne hanno conosciuto le bontà realizzate. Ed a lui rendiamo un omaggio semplice, quello che si deve ai lavoratori silenziosi, coloro i quali operano quando gli altri dormono, anelli indispensabili della nostra vita comunitaria.
Non esiste retorica in questi casi, c'è solo la constatazione di ciò che qualcuno lascia quando se ne va, quando gli altri si accorgono di quel buco, di quel vuoto, di quelle porte serrate nel laboratorio dove i palati di tanti sono stati soddisfatti da piccole grandi magie, magari senza accorgersi del sacrificio altrui.
La nostra carezza alla signora Margherita perché riconquisti presto il sorriso ed il dolore si faccia ricordo tenero e la vicinanza ai suoi figli e familiari. Il "maestro dei cornetti" saprà guidarli anche da lontano.