Il centro recupero tartarughe di Molfetta su RTV Slovenija
Una fedele documentazione delle attività del WWF nel servizio del giornalista Janko Petrovec
mercoledì 4 aprile 2018
Le tartarughe marine continuano a essere una specie a forte rischio, ma la sensibilità dimostrata di recente dai cittadini nei confronti di questo problema, unita alle molte attività di salvaguardia organizzate dal WWF, fanno ben sperare.
Particolarmente importante è l'attività dei centri di primo soccorso, cura e riabilitazione delle tartarughe marine (a Molfetta ce n'è uno), messa in risalto persino dal gruppo RTV Slovenija di Lubiana (clicca qui per il servizio). Secondo l'ente pubblico radiotelevisivo della Slovenia «in Puglia stanno facendo passi importanti nella ricerca dell'embolia polmonare nelle tartarughe marine».
Ogni anno, infatti, sono decine di migliaia, nel mondo, gli esemplari marini che finiscono nelle reti a strascico usate per la pesca. «L'alzata veloce delle reti - è spiegato ancora nel servizio televisivo - non li permette la decompressione. Ma nelle città intorno a Bari vive un Robin Hood che ha convinto i pescatori locali a non buttare le tartarughe pescate per sbaglio in mare, ma piuttosto a portarle in porto».
Ed il giornalista Janko Petrovec, con quel Robin Hood, alias Pasquale Salvemini, ha passato un giorno di lavoro, documentando le varie attività del centro di recupero tartarughe marine del WWF Molfetta, dalla presa in consegna degli animali feriti, per passare dal dipartimento di Medicina Veterinaria di Valenzano, sino alla liberazione in mare aperto.
Il corrispondente sloveno ha raccontato «la storia di Marrow, una delle tre tartarughe, salvate dalle reti dei pescatori a Bisceglie una mattina di Pasqua». A curarla proprio Salvemini che negli ultimi 18 mesi ha salvato 700 tartarughe. «Tra le marinerie di Molfetta, Bisceglie e Trani - ha detto - possiamo superare, nel periodo invernale, anche 30 tartarughe al giorno», poi condotte a Valenzano per essere sottoposte ad un esame completo.
Marrow è insieme ad altre due tartarughe: due di loro sono sane, la terza ha l'embolia polmonare. L'embolia è molto frequente tra le tartarughe pescate, perché l'alzata veloce delle reti a strascico non permette la decompressione. «Abbiamo riscontrato una percentuale superiore al 45% di questa patologia - ha spiegato il prof. Antonio Di Bello -, ma con adeguate cure di supporto abbiamo recuperato oltre il 95%».
«Potremmo dire che Salvemini si sacrifica per le tartarughe - conclude Di Bello -, ma in fondo la sua attività fa vincere tutti: lui stesso si è procurato un lavoro che gli piace, i pescatori si lavano la coscienza, e gli scienziati hanno una importante casistica per un lavoro serio. Per non parlare delle tartarughe stesse».
Particolarmente importante è l'attività dei centri di primo soccorso, cura e riabilitazione delle tartarughe marine (a Molfetta ce n'è uno), messa in risalto persino dal gruppo RTV Slovenija di Lubiana (clicca qui per il servizio). Secondo l'ente pubblico radiotelevisivo della Slovenia «in Puglia stanno facendo passi importanti nella ricerca dell'embolia polmonare nelle tartarughe marine».
Ogni anno, infatti, sono decine di migliaia, nel mondo, gli esemplari marini che finiscono nelle reti a strascico usate per la pesca. «L'alzata veloce delle reti - è spiegato ancora nel servizio televisivo - non li permette la decompressione. Ma nelle città intorno a Bari vive un Robin Hood che ha convinto i pescatori locali a non buttare le tartarughe pescate per sbaglio in mare, ma piuttosto a portarle in porto».
Ed il giornalista Janko Petrovec, con quel Robin Hood, alias Pasquale Salvemini, ha passato un giorno di lavoro, documentando le varie attività del centro di recupero tartarughe marine del WWF Molfetta, dalla presa in consegna degli animali feriti, per passare dal dipartimento di Medicina Veterinaria di Valenzano, sino alla liberazione in mare aperto.
Il corrispondente sloveno ha raccontato «la storia di Marrow, una delle tre tartarughe, salvate dalle reti dei pescatori a Bisceglie una mattina di Pasqua». A curarla proprio Salvemini che negli ultimi 18 mesi ha salvato 700 tartarughe. «Tra le marinerie di Molfetta, Bisceglie e Trani - ha detto - possiamo superare, nel periodo invernale, anche 30 tartarughe al giorno», poi condotte a Valenzano per essere sottoposte ad un esame completo.
Marrow è insieme ad altre due tartarughe: due di loro sono sane, la terza ha l'embolia polmonare. L'embolia è molto frequente tra le tartarughe pescate, perché l'alzata veloce delle reti a strascico non permette la decompressione. «Abbiamo riscontrato una percentuale superiore al 45% di questa patologia - ha spiegato il prof. Antonio Di Bello -, ma con adeguate cure di supporto abbiamo recuperato oltre il 95%».
«Potremmo dire che Salvemini si sacrifica per le tartarughe - conclude Di Bello -, ma in fondo la sua attività fa vincere tutti: lui stesso si è procurato un lavoro che gli piace, i pescatori si lavano la coscienza, e gli scienziati hanno una importante casistica per un lavoro serio. Per non parlare delle tartarughe stesse».