I costruttori di Pace sono in piedi
Inaugurata e benedetta sul molo di Ponente la stele in ricordo di don Tonino Bello
domenica 28 aprile 2019
I costruttori di Pace sono in piedi, come avrebbe voluto don Tonino Bello.
Il sole caldo di un sabato di fine aprile ha baciato ieri pomeriggio il molo di sottovento, a Ponente, per l'inaugurazione della stele che ricorda l'indimenticato prelato salentino, pastore di anime, menti e cuori nella diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Il pastore troppo presto scomparso, a cui la città di Giovinazzo ora ha regalato un posto speciale che guarda al mare. Un mare su cui costruire ponti di pace e non divisioni.
L'iniziativa, voluta fortemente dall'Osservatorio per la Legalità e per il Bene Comune, coordinato da Vincenzo Camporeale, è stata sposata in pieno dalla diocesi e da Monsignor Domenico Cornacchia, pronto ieri a benedire quell'angolo del porticciolo, con il patrocinio del Comune di Giovinazzo, rappresentato dal Sindaco Tommaso Depalma. Erano presenti alla cerimonia le più alte autorità civili cittadine ed il clero locale, nonché Giancarlo Piccinni, Presidente della Fondazione don Tonino Bello, che ha ricordato l'importanza dell'essere "cittadini attivi", portatori di quei valori tanto cari a don Tonino. Assente giustificato Trifone Bello, fratello del vescovo scomparso 26 anni fa.
Giovinazzo si è riscoperta unita nel nome dell'uomo che mostrò tanto coraggio quando era già malato nell'affrontare un viaggio che intendeva accendere i riflettori sul massacro che stava avvenendo dall'altra parte dell'Adriatico, in Bosnia, in una inutile e sanguinosa guerra fratricida.
Vincenzo Camporeale, nel ricordare la nascita di questo piccolo grande "sogno" da parte dei membri dell'Osservatorio, nato con quella grande bandiera della Pace stesa sul molo al passaggio dell'elicottero papale lo scorso anno, ha ribadito il forte significato simbolico della posizione di quella stele: sarà esposta a mari in burrasca e venti, da noi affatto rari, per rimembrare a tutti la fragilità della Pace stessa, che corre sempre su fili sottilissimi.
Monsignor Cornacchia, dopo la benedizione solenne, ha ricordato come quella di don Tonino non fosse una grande utopia, come in troppi l'hanno definita, ma fosse un grande sogno «che si possa avverare», grazie ad una comunità viva, «audace», che non tema di gridare la propria voglia di giustizia, uguaglianza, accoglienza. A spiegare il significato dell'installazione, invece, ci ha pensato l'arch. Michele Camporeale.
Si tratta di una stele in ferro, con elementi anche di ruggine, volutamente presenti a testimoniare la fatica e la povertà in senso francescano. Camporeale ha poi spiegato di aver pensato di dividere un due parti l'opera: in basso la parola Pace, scritta in più lingue, e sopra la simbologia del sole nascente, visto però anche come nuova Eucarestia, come sacrificio che però rende liberi. Una barca getta la rete in un mare periglioso e ritrova il grande dono della Pace, rappresentata dall'arcobaleno che infonde speranza.
Pace è scritto su quella stele. Pace in tante lingue. A don Tonino sarebbe piaciuta quella stele, per la sua posizione a simboleggiare un porto aperto, braccia tese verso l'altro che non si piegano nemmeno alle mareggiate ed alle correnti dell'odio.
Giovinazzo è da ieri più che mai città della Pace, di quella che si costruisce quotidianamente attraverso gesti semplici, continui e concreti e non a parole.
Nelle foto concesseci da Girolamo Capurso, alcuni dei momenti più significativi della cerimonia intensa e sobria.
Il sole caldo di un sabato di fine aprile ha baciato ieri pomeriggio il molo di sottovento, a Ponente, per l'inaugurazione della stele che ricorda l'indimenticato prelato salentino, pastore di anime, menti e cuori nella diocesi di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Il pastore troppo presto scomparso, a cui la città di Giovinazzo ora ha regalato un posto speciale che guarda al mare. Un mare su cui costruire ponti di pace e non divisioni.
L'iniziativa, voluta fortemente dall'Osservatorio per la Legalità e per il Bene Comune, coordinato da Vincenzo Camporeale, è stata sposata in pieno dalla diocesi e da Monsignor Domenico Cornacchia, pronto ieri a benedire quell'angolo del porticciolo, con il patrocinio del Comune di Giovinazzo, rappresentato dal Sindaco Tommaso Depalma. Erano presenti alla cerimonia le più alte autorità civili cittadine ed il clero locale, nonché Giancarlo Piccinni, Presidente della Fondazione don Tonino Bello, che ha ricordato l'importanza dell'essere "cittadini attivi", portatori di quei valori tanto cari a don Tonino. Assente giustificato Trifone Bello, fratello del vescovo scomparso 26 anni fa.
Giovinazzo si è riscoperta unita nel nome dell'uomo che mostrò tanto coraggio quando era già malato nell'affrontare un viaggio che intendeva accendere i riflettori sul massacro che stava avvenendo dall'altra parte dell'Adriatico, in Bosnia, in una inutile e sanguinosa guerra fratricida.
Vincenzo Camporeale, nel ricordare la nascita di questo piccolo grande "sogno" da parte dei membri dell'Osservatorio, nato con quella grande bandiera della Pace stesa sul molo al passaggio dell'elicottero papale lo scorso anno, ha ribadito il forte significato simbolico della posizione di quella stele: sarà esposta a mari in burrasca e venti, da noi affatto rari, per rimembrare a tutti la fragilità della Pace stessa, che corre sempre su fili sottilissimi.
Monsignor Cornacchia, dopo la benedizione solenne, ha ricordato come quella di don Tonino non fosse una grande utopia, come in troppi l'hanno definita, ma fosse un grande sogno «che si possa avverare», grazie ad una comunità viva, «audace», che non tema di gridare la propria voglia di giustizia, uguaglianza, accoglienza. A spiegare il significato dell'installazione, invece, ci ha pensato l'arch. Michele Camporeale.
Si tratta di una stele in ferro, con elementi anche di ruggine, volutamente presenti a testimoniare la fatica e la povertà in senso francescano. Camporeale ha poi spiegato di aver pensato di dividere un due parti l'opera: in basso la parola Pace, scritta in più lingue, e sopra la simbologia del sole nascente, visto però anche come nuova Eucarestia, come sacrificio che però rende liberi. Una barca getta la rete in un mare periglioso e ritrova il grande dono della Pace, rappresentata dall'arcobaleno che infonde speranza.
Pace è scritto su quella stele. Pace in tante lingue. A don Tonino sarebbe piaciuta quella stele, per la sua posizione a simboleggiare un porto aperto, braccia tese verso l'altro che non si piegano nemmeno alle mareggiate ed alle correnti dell'odio.
Giovinazzo è da ieri più che mai città della Pace, di quella che si costruisce quotidianamente attraverso gesti semplici, continui e concreti e non a parole.
Nelle foto concesseci da Girolamo Capurso, alcuni dei momenti più significativi della cerimonia intensa e sobria.