Giovinazzese a Sant'Angelo Lodigiano: «Siamo in apprensione, ma misure sono necessarie»
Abbiamo intercettato telefonicamente Mino Stallone. Ed il suo è stato il racconto dalla zona del focolaio lombardo del coronavirus
domenica 23 febbraio 2020
05.00
Mino Stallone è giovinazzese d'origine, con la testa che spesso vanno alle sue radici. L'accento è lombardo, ma il cuore è tutto meridionale.
Lui, 45 anni, sposato con tre figli, appassionatissimo di hockey su pista e dell'Amatori Lodi in cui milita Domenico Illuzzi, è spaventato ma non ha perso la lucidità.
Vive a Sant'Angelo Lodigiano, a poco più di 20 chilometri da Codogno, dove c'è stato il focolaio che ha contagiato 54 persone in Lombardia, con una donna morta ed un 38enne ricoverato in gravi condizioni. Zona interessata dal decreto d'urgenza del Governo guidato dal Premier Giuseppe Conte, che limita anche la circolazione delle persone ed ha impedito lo svolgimento di manifestazione pubbliche e sportive.
In un sabato pomeriggio surreale lo abbiamo sentito telefonicamente: «Vi ringrazio per aver pensato a noi che viviamo qui - ci ha detto mentre era in macchina su strade pressoché deserte -. Non sono nel paese epicentro della diffusione del coronavirus - ha ammesso -, ma l'aria qui è pesante. In azienda abbiamo 9 dipendenti e nella giornata di ieri (venerdì) ci hanno chiamato per dire che dovevamo tornare a casa. Di fatto stiamo tutti bene, ma la scorsa settimana qui c'è stata la maratona a cui ha partecipato il paziente 1, l'uomo di Codogno ora ricoverato in condizioni molto serie, e quindi c'è grande apprensione».
Apprensione amplificata dall'avere dei figli: «Attendiamo da un momento all'altro - ci ha confessato - una disposizione del sindaco che chiuda le scuole, perché gli asili già normalmente sono ricettacolo di batteri e virus per i piccoli, ma in questa situazione ci sentiremmo più sereni se restassero a casa. Altrove, in zona, sta già accadendo».
La paura, certo, ma anche la certezza che la Lombardia sia una regione pronta ad affrontare questa emergenza che ha un inizio e non si sa quando potrebbe terminare: «Siamo molto organizzati - rimarca - e questo ci lascia un minimo di serenità. Vedete, io sono tra quelli che pensa che in questi casi ci sia bisogno di fare tutto il necessario per garantire incolumità alla popolazione. E se dobbiamo restare a casa, lo faremo».
Quanto alla situazione per strada e nei negozi è stato lapidario ma efficace: «Sarebbe sabato, ma sembra meno di un giorno feriale. Gira pochissima gente per strada e nei bar ce ne è ancora meno. Purtroppo dobbiamo accettarlo».
Il congedo però è di quelli ottimisti, che guardano a sud, dove va il cuore: «Siamo stati l'estate scorsa, con mia moglie, a Giovinazzo e seguiamo l'Amatori Lodi di hockey su pista, con l'orgoglio di avere Domenico Illuzzi leader e capitano, oramai integratissimo qui. Grazie alle testate on line locali posso sapere cosa accade a Giovinazzo e saluto quelli che ci conoscono e ci vogliono bene».
Infine il pensiero a chi sta soffrendo: «C'è paura - ha ammesso Mino Stallone - soprattutto per i piccoli, ma c'è anche un pensiero differente: siamo fortunati al momento, mentre dispiace tanto per quella madre, giovane, che magari era al culmine della gioia per il figlio che stava arrivando, e che ora ha un marito in terapia intensiva e in grembo una creatura che sarà messa a dura prova. A loro, alla gente dei comuni vicini che non sta bene, vanno tutta la mia solidarietà umana e tutte le nostre preghiere».
Lui, 45 anni, sposato con tre figli, appassionatissimo di hockey su pista e dell'Amatori Lodi in cui milita Domenico Illuzzi, è spaventato ma non ha perso la lucidità.
Vive a Sant'Angelo Lodigiano, a poco più di 20 chilometri da Codogno, dove c'è stato il focolaio che ha contagiato 54 persone in Lombardia, con una donna morta ed un 38enne ricoverato in gravi condizioni. Zona interessata dal decreto d'urgenza del Governo guidato dal Premier Giuseppe Conte, che limita anche la circolazione delle persone ed ha impedito lo svolgimento di manifestazione pubbliche e sportive.
In un sabato pomeriggio surreale lo abbiamo sentito telefonicamente: «Vi ringrazio per aver pensato a noi che viviamo qui - ci ha detto mentre era in macchina su strade pressoché deserte -. Non sono nel paese epicentro della diffusione del coronavirus - ha ammesso -, ma l'aria qui è pesante. In azienda abbiamo 9 dipendenti e nella giornata di ieri (venerdì) ci hanno chiamato per dire che dovevamo tornare a casa. Di fatto stiamo tutti bene, ma la scorsa settimana qui c'è stata la maratona a cui ha partecipato il paziente 1, l'uomo di Codogno ora ricoverato in condizioni molto serie, e quindi c'è grande apprensione».
Apprensione amplificata dall'avere dei figli: «Attendiamo da un momento all'altro - ci ha confessato - una disposizione del sindaco che chiuda le scuole, perché gli asili già normalmente sono ricettacolo di batteri e virus per i piccoli, ma in questa situazione ci sentiremmo più sereni se restassero a casa. Altrove, in zona, sta già accadendo».
La paura, certo, ma anche la certezza che la Lombardia sia una regione pronta ad affrontare questa emergenza che ha un inizio e non si sa quando potrebbe terminare: «Siamo molto organizzati - rimarca - e questo ci lascia un minimo di serenità. Vedete, io sono tra quelli che pensa che in questi casi ci sia bisogno di fare tutto il necessario per garantire incolumità alla popolazione. E se dobbiamo restare a casa, lo faremo».
Quanto alla situazione per strada e nei negozi è stato lapidario ma efficace: «Sarebbe sabato, ma sembra meno di un giorno feriale. Gira pochissima gente per strada e nei bar ce ne è ancora meno. Purtroppo dobbiamo accettarlo».
Il congedo però è di quelli ottimisti, che guardano a sud, dove va il cuore: «Siamo stati l'estate scorsa, con mia moglie, a Giovinazzo e seguiamo l'Amatori Lodi di hockey su pista, con l'orgoglio di avere Domenico Illuzzi leader e capitano, oramai integratissimo qui. Grazie alle testate on line locali posso sapere cosa accade a Giovinazzo e saluto quelli che ci conoscono e ci vogliono bene».
Infine il pensiero a chi sta soffrendo: «C'è paura - ha ammesso Mino Stallone - soprattutto per i piccoli, ma c'è anche un pensiero differente: siamo fortunati al momento, mentre dispiace tanto per quella madre, giovane, che magari era al culmine della gioia per il figlio che stava arrivando, e che ora ha un marito in terapia intensiva e in grembo una creatura che sarà messa a dura prova. A loro, alla gente dei comuni vicini che non sta bene, vanno tutta la mia solidarietà umana e tutte le nostre preghiere».