Giannella su Giovinazzo: «Un paese tranquillo in cui ci sono dinamiche mafiose»
Il procuratore aggiunto e coordinatore dell'Antimafia: «Esiste una certa omertà, visto che le estorsioni non sono mai state denunciate»
mercoledì 15 novembre 2023
10.07
Claudio Fiorentino fu ucciso nove anni fa. Di primo pomeriggio e con un'azione fulminante da killer professionisti. Pochi minuti per seguirlo dalla sua abitazione, in contrada Casino della Principessa, sino alla complanare della strada statale 16 bis mentre era a bordo di un calesse e centrarlo sotto una pioggia di proiettili.
L'agguato è maturato in ambienti criminali per il controllo del racket delle estorsioni a Giovinazzo: all'uomo, imparentato con il clan Capriati, «gli si avvicinarono i rivali Di Cosola perché interessati alla piazza, ma la sua risposta fu negativa», ha spiegato il pubblico ministero antimafia Domenico Minardi che ha coordinato le indagini col collega Federico Perrone Capano. Non voleva che Luigi Guglielmi e soci allungassero le mani sui suoi soldi estorti al tessuto economico della città.
Il 33enne si muoveva come se fosse a casa sua, approfittando del «brand» della storica organizzazione criminale di Antonio Capriati. Per questo «doveva morire, non doveva vivere, non doveva avere respiro», ha detto agli inquirenti il pentito Michele Giangaspero. «Non avevamo ben chiari gli aspetti. Ad un certo punto, però - ha detto Giannella -, il contributo di alcuni collaboratori, non tutti, ha dato un grande impulso alle indagini e ha consentito di chiarire in tutti i termini la vicenda».
Un delitto, quello di Fiorentino, maturato nell'ambito del predominio di Giovinazzo nelle estorsioni. «Spesso - ha aggiunto il coordinatore dell'Antimafia di Bari - la gente dice che queste storie non interessano, perché finché si ammazzano tra di loro sono fatti loro. Ma non è così: un omicidio non è mai una questione privata, ma è un segnale di malessere gravissimo. Se esiste un contento di estorsioni di cui nessuno parla, è evidentemente come questa non sia una faccenda privata».
«A una crescita civile della società non può contribuire solo la repressione, ma serve anche una presa di coscienza», ha detto ancora Giannella. Eppure, in quegli anni, nessuno ha denunciato. Un aspetto «inquietante - secondo Giannella - della vita di Giovinazzo, considerato un paese tranquillo in cui, però, ci sono rilevanti dinamiche mafiose. Se è considerata una città tranquilla è anche perché esiste una certa omertà, visto che le varie estorsioni non sono mai state denunciate».
L'indagine, infine, «ha permesso anche di impedire che uno dei principali indagati, ritenuto l'attuale capo del clan (Guglielmi), potesse a breve essere liberato - ha detto il colonnello Francesco de Marchis - e, quindi, questa scarcerazione potesse costituire un tentativo di riaffermazione dell'egemonia criminale sul territorio».
L'agguato è maturato in ambienti criminali per il controllo del racket delle estorsioni a Giovinazzo: all'uomo, imparentato con il clan Capriati, «gli si avvicinarono i rivali Di Cosola perché interessati alla piazza, ma la sua risposta fu negativa», ha spiegato il pubblico ministero antimafia Domenico Minardi che ha coordinato le indagini col collega Federico Perrone Capano. Non voleva che Luigi Guglielmi e soci allungassero le mani sui suoi soldi estorti al tessuto economico della città.
Il 33enne si muoveva come se fosse a casa sua, approfittando del «brand» della storica organizzazione criminale di Antonio Capriati. Per questo «doveva morire, non doveva vivere, non doveva avere respiro», ha detto agli inquirenti il pentito Michele Giangaspero. «Non avevamo ben chiari gli aspetti. Ad un certo punto, però - ha detto Giannella -, il contributo di alcuni collaboratori, non tutti, ha dato un grande impulso alle indagini e ha consentito di chiarire in tutti i termini la vicenda».
Un delitto, quello di Fiorentino, maturato nell'ambito del predominio di Giovinazzo nelle estorsioni. «Spesso - ha aggiunto il coordinatore dell'Antimafia di Bari - la gente dice che queste storie non interessano, perché finché si ammazzano tra di loro sono fatti loro. Ma non è così: un omicidio non è mai una questione privata, ma è un segnale di malessere gravissimo. Se esiste un contento di estorsioni di cui nessuno parla, è evidentemente come questa non sia una faccenda privata».
«A una crescita civile della società non può contribuire solo la repressione, ma serve anche una presa di coscienza», ha detto ancora Giannella. Eppure, in quegli anni, nessuno ha denunciato. Un aspetto «inquietante - secondo Giannella - della vita di Giovinazzo, considerato un paese tranquillo in cui, però, ci sono rilevanti dinamiche mafiose. Se è considerata una città tranquilla è anche perché esiste una certa omertà, visto che le varie estorsioni non sono mai state denunciate».
L'indagine, infine, «ha permesso anche di impedire che uno dei principali indagati, ritenuto l'attuale capo del clan (Guglielmi), potesse a breve essere liberato - ha detto il colonnello Francesco de Marchis - e, quindi, questa scarcerazione potesse costituire un tentativo di riaffermazione dell'egemonia criminale sul territorio».