Dove tutto ebbe inizio: Mino Stallone racconta l'epidemia nel lodigiano ad un anno di distanza
Figlio di giovinazzesi, legatissimo alla terra d'origine, era stato da noi intervistato il 23 febbraio 2020, quando il Covid iniziava a far paura
mercoledì 24 febbraio 2021
Un anno fa il mondo iniziava a cambiare, ma noi non lo sapevamo ancora. In tanti, dopo i primi casi di contagio da Sars CoV2 nel lodigiano, avevamo la netta sensazione che si sarebbe trattato di un semplice spavento, un incidente di percorso, lontano da noi peraltro e che tutto sarebbe presto tornato alla normalità.
Ad un anno di distanza non solo non è cambiato niente, ma il morbo letale è arrivato da noi come in tutto il mondo e continua a lasciare dietro di sé morte e dolore.
Di quel primo contagio ne parlammo con Mino Stallone, 46 anni, nato in Lombardia da famiglia giovinazzese, innamorato perso del borgo antico e della bellezza della cittadina di origine dei suoi. A Giovinazzo conserva parentele ed amicizie vere e lo abbiamo intervistato ancora ad un anno di distanza e quello che leggete è solo il sunto di un'articolata chiacchierata telefonica di oltre un'ora.
Ciao Mino. Ci risentiamo un anno dopo l'esordio del terribile focolaio di Codogno, a pochi chilometri dalla tua Sant'Angelo Lodigiano. Cosa è cambiato in questi 365 giorni e se è effettivamente mutato qualcosa?
Intanto grazie come sempre per la vostra attenzione verso chi ama le sue radici e non spezzerà mai il cordone ombelicale con la Puglia. Rispetto ad un anno fa, e vengo alla vostra domanda, è per fortuna cambiato molto: allora qui si moriva, non si faceva in tempo ad arrivare in ospedale. In tanti smettevano di respirare in ambulanza e le vittime sono state davvero tante. Oggi il virus lo si conosce meglio e le cure, prima ancora dei vaccini, sembrano fare il loro effetto. Niente è risolto, ma siamo messi meglio. Quello fu il primo impatto ed anche i medici si trovarono di fronte a qualcosa che non conoscevano. In tanti se ne sono andati anche tra di loro e non vi era quasi nessun nucleo familiare che non fosse stato colpito, da malattia o lutti.
È stato terribile, immaginiamo. E crediamo resterà un ricordo che ti accompagnerà per tutta la vita...
Passa il tempo e l'uomo ha la capacità di rigenerarsi, sempre. Ma sì è così, non potrò mai dimenticare una cosa di quei mesi tra febbraio e aprile 2020: il suono delle sirene delle ambulanze. Ce n'erano di continuo, sempre, giorno e notte, quasi senza soluzione di continuità e l'idea che ti facevi era di una zona di guerra. In periodo di pace, ma in guerra contro un male invisibile. È stata per noi in Lombardia una falce che è passata ed ha mietuto vite, non importava di quale età. Eravamo al collasso, nemmeno i medici di base ce la facevano a rispondere alle centinaia di chiamate. C'era morte ovunque e le nostre paure si sono moltiplicate.
Poi è cambiato qualcosa, dicevi. Per fortuna...
Sicuramente la scienza ha fatto e sta facendo passi in avanti per contrastare questo morbo e quindi molti oggi, nella nostra provincia ed in tutta la regione, come nel resto d'Italia, si curano a casa. Se non hai patologie gravi pregresse o non ti "becca" in maniera forte, riesci a farcela. Vorrei chiedere agli esperti, virologi od immunologi, se questa versione arrivata in autunno sia in qualche modo meno forte di quella vissuta da noi nell'inverno-primavera 2020. Di certo si conosce meglio il nemico e sono encomiabili gli operatori sanitari per quanto stanno facendo. A novembre i miei sono diventati positivi pur senza uscire quasi mai, almeno che non li si accompagnasse a far spesa o al cimitero io o mia sorella. Resta un mistero perché hanno avuti pochissimi contatti esterni. Stanno però bene ora, come stiamo bene tutti noi. Ed io sono convinto non fosse la forma aggressiva dei mesi precedenti.
Da voi come stanno procedendo le vaccinazioni?
Vanno avanti con un ritmo discreto ma non ottimale, o almeno non come ci aspettavamo vivendo in una regione ritenuta all'avanguardia dal punto di vista sanitario. Possiamo certamente fare meglio, ma il nostro Governo deve rispettare quanto stabilito dall'Unione Europea in fatto di approvvigionamenti e pertanto si procede ai ritmi che le dosi a disposizione consentono.
A Sant'Angelo o a Lodi la vita è ripresa in zona gialla?
Ecco, su questo posso sembrare pedante ma devo dire la mia: Lodi era piena di gente nei giorni scorsi ed ho avuto paura ad entrare in un bar-tabacchi per delle commissioni. Comprendo che la gente voglia uscire, che sia stanca, siamo italiani e la socialità gioca un ruolo fondamentale. Ma anche un minimo di coscienza e senso civico non guasterebbero: cerchiamo di essere più responsabili per alcune settimane e poi, vaccinazioni permettendo, torneremo alla nostra vita. Basta imprudenze!
Imprudenze che da noi si sono viste sia in estate che per tutte le vacanze natalizie, lo sai?
Certo che lo so. Ho chiesto ai miei amici giovinazzesi di tenere d'occhio i miei quando erano giù. In tanti erano straniti dal vederli con la mascherina ed io a distanza li ho marcati: non dovevano riunirsi in troppi, con parenti ed amici, e dovevano indossare la mascherina per strada. Noi avevamo visto la morte in faccia e sapevamo di cosa era capace il Covid. A Giovinazzo in tanti lo hanno capito solo in autunno, come leggo dalla vostre pagine, e sono profondamente dispiaciuto di questo. Non vi era la reale percezione del dramma che avevamo vissuto noi in Lombardia.
Chiudiamo con loro, con i giovinazzesi, con le tue radici. Cosa senti di dire attraverso le nostre pagine?
Che resto legato a tutti loro ed a quel paese fantastico, un cordone ombelicale che non spezzerò mai, lo ribadisco. Spero di tornare presto, ma di certo non è minore il mio amore per voi e per la bella Puglia, da cui ogni anno mi arriva l'ottimo olio che consumo per 365 giorni.E poi da appassionato di hockey pista come molti lodigiani, amo sportivamente parlando l'esuberante capitano, l'inossidabile Domenico Illuzzi, orgoglio dell'Amatori ma anche della mitica AFP.
Ai giovinazzesi voglio dire siate disciplinati, cercate di fare comunità e di risolvere questo dramma insieme. Qui ci stiamo lentamente riuscendo perché ci siamo riscoperti comunità, con un sistema di tamponi validissimo e con una disciplina che ci sta aiutando. Non vogliamo più aver paura come un anno fa. A voi auguro ogni bene e complimenti all'informazione locale perché è di qualità.
Ad un anno di distanza non solo non è cambiato niente, ma il morbo letale è arrivato da noi come in tutto il mondo e continua a lasciare dietro di sé morte e dolore.
Di quel primo contagio ne parlammo con Mino Stallone, 46 anni, nato in Lombardia da famiglia giovinazzese, innamorato perso del borgo antico e della bellezza della cittadina di origine dei suoi. A Giovinazzo conserva parentele ed amicizie vere e lo abbiamo intervistato ancora ad un anno di distanza e quello che leggete è solo il sunto di un'articolata chiacchierata telefonica di oltre un'ora.
Ciao Mino. Ci risentiamo un anno dopo l'esordio del terribile focolaio di Codogno, a pochi chilometri dalla tua Sant'Angelo Lodigiano. Cosa è cambiato in questi 365 giorni e se è effettivamente mutato qualcosa?
Intanto grazie come sempre per la vostra attenzione verso chi ama le sue radici e non spezzerà mai il cordone ombelicale con la Puglia. Rispetto ad un anno fa, e vengo alla vostra domanda, è per fortuna cambiato molto: allora qui si moriva, non si faceva in tempo ad arrivare in ospedale. In tanti smettevano di respirare in ambulanza e le vittime sono state davvero tante. Oggi il virus lo si conosce meglio e le cure, prima ancora dei vaccini, sembrano fare il loro effetto. Niente è risolto, ma siamo messi meglio. Quello fu il primo impatto ed anche i medici si trovarono di fronte a qualcosa che non conoscevano. In tanti se ne sono andati anche tra di loro e non vi era quasi nessun nucleo familiare che non fosse stato colpito, da malattia o lutti.
È stato terribile, immaginiamo. E crediamo resterà un ricordo che ti accompagnerà per tutta la vita...
Passa il tempo e l'uomo ha la capacità di rigenerarsi, sempre. Ma sì è così, non potrò mai dimenticare una cosa di quei mesi tra febbraio e aprile 2020: il suono delle sirene delle ambulanze. Ce n'erano di continuo, sempre, giorno e notte, quasi senza soluzione di continuità e l'idea che ti facevi era di una zona di guerra. In periodo di pace, ma in guerra contro un male invisibile. È stata per noi in Lombardia una falce che è passata ed ha mietuto vite, non importava di quale età. Eravamo al collasso, nemmeno i medici di base ce la facevano a rispondere alle centinaia di chiamate. C'era morte ovunque e le nostre paure si sono moltiplicate.
Poi è cambiato qualcosa, dicevi. Per fortuna...
Sicuramente la scienza ha fatto e sta facendo passi in avanti per contrastare questo morbo e quindi molti oggi, nella nostra provincia ed in tutta la regione, come nel resto d'Italia, si curano a casa. Se non hai patologie gravi pregresse o non ti "becca" in maniera forte, riesci a farcela. Vorrei chiedere agli esperti, virologi od immunologi, se questa versione arrivata in autunno sia in qualche modo meno forte di quella vissuta da noi nell'inverno-primavera 2020. Di certo si conosce meglio il nemico e sono encomiabili gli operatori sanitari per quanto stanno facendo. A novembre i miei sono diventati positivi pur senza uscire quasi mai, almeno che non li si accompagnasse a far spesa o al cimitero io o mia sorella. Resta un mistero perché hanno avuti pochissimi contatti esterni. Stanno però bene ora, come stiamo bene tutti noi. Ed io sono convinto non fosse la forma aggressiva dei mesi precedenti.
Da voi come stanno procedendo le vaccinazioni?
Vanno avanti con un ritmo discreto ma non ottimale, o almeno non come ci aspettavamo vivendo in una regione ritenuta all'avanguardia dal punto di vista sanitario. Possiamo certamente fare meglio, ma il nostro Governo deve rispettare quanto stabilito dall'Unione Europea in fatto di approvvigionamenti e pertanto si procede ai ritmi che le dosi a disposizione consentono.
A Sant'Angelo o a Lodi la vita è ripresa in zona gialla?
Ecco, su questo posso sembrare pedante ma devo dire la mia: Lodi era piena di gente nei giorni scorsi ed ho avuto paura ad entrare in un bar-tabacchi per delle commissioni. Comprendo che la gente voglia uscire, che sia stanca, siamo italiani e la socialità gioca un ruolo fondamentale. Ma anche un minimo di coscienza e senso civico non guasterebbero: cerchiamo di essere più responsabili per alcune settimane e poi, vaccinazioni permettendo, torneremo alla nostra vita. Basta imprudenze!
Imprudenze che da noi si sono viste sia in estate che per tutte le vacanze natalizie, lo sai?
Certo che lo so. Ho chiesto ai miei amici giovinazzesi di tenere d'occhio i miei quando erano giù. In tanti erano straniti dal vederli con la mascherina ed io a distanza li ho marcati: non dovevano riunirsi in troppi, con parenti ed amici, e dovevano indossare la mascherina per strada. Noi avevamo visto la morte in faccia e sapevamo di cosa era capace il Covid. A Giovinazzo in tanti lo hanno capito solo in autunno, come leggo dalla vostre pagine, e sono profondamente dispiaciuto di questo. Non vi era la reale percezione del dramma che avevamo vissuto noi in Lombardia.
Chiudiamo con loro, con i giovinazzesi, con le tue radici. Cosa senti di dire attraverso le nostre pagine?
Che resto legato a tutti loro ed a quel paese fantastico, un cordone ombelicale che non spezzerò mai, lo ribadisco. Spero di tornare presto, ma di certo non è minore il mio amore per voi e per la bella Puglia, da cui ogni anno mi arriva l'ottimo olio che consumo per 365 giorni.E poi da appassionato di hockey pista come molti lodigiani, amo sportivamente parlando l'esuberante capitano, l'inossidabile Domenico Illuzzi, orgoglio dell'Amatori ma anche della mitica AFP.
Ai giovinazzesi voglio dire siate disciplinati, cercate di fare comunità e di risolvere questo dramma insieme. Qui ci stiamo lentamente riuscendo perché ci siamo riscoperti comunità, con un sistema di tamponi validissimo e con una disciplina che ci sta aiutando. Non vogliamo più aver paura come un anno fa. A voi auguro ogni bene e complimenti all'informazione locale perché è di qualità.