Dalla letteratura di guerra ai conflitti ideologici
Lo scenario internazionale a 100 anni dalla Grande Guerra
giovedì 15 gennaio 2015
11.11
«Esiste una vasta letteratura sulla Grande Guerra fatta anche dalle testimonianze dirette di chi ha vissuto in prima linea quel conflitto. Un caso che non si è più ripetuto né con il secondo conflitto mondiale né con tutte le guerre che ancora oggi sono in corso in tutto il pianeta».
Lo afferma Michel Delon, uno dei massimi esperti mondiali di letteratura francese settecentesca, professore all'Università Paris IV-Sorbonne, insieme al suo collega Cláude Leroy, professore emerito nella stessa materia all'Università Paris Ouest-Paris X-Nanterre La Défense e fino al 2007 direttore del Centro di Scienze della Letteratura Francese, entrambi giunti a Giovinazzo per il convegno internazionale sulla Prima Guerra Mondiale che si terrà oggi e domani nella sala Marano dell'Istituto Vittorio Emanuele II. «La letteratura nata intorno a quel conflitto - ha continuato Delon - ha avuto la capacità di far riflettere sui drammi e sugli orrori della guerra. In un certo senso ha fatto nascere un sentimento di opposizione alla guerra ed al militarismo».
Nonostante questo, di guerre il Novecento ne ha vissute parecchie, così come questo secolo appena cominciato. Sono cambiate le strategie, sono cambiate le regole d'ingaggio ma nella sostanza l'intero pianeta è sempre sul baratro. E come non pensare ai recenti fatti di Parigi. «Oggi l'Europa è compatta, ma in quella del 1914-18 furono gli Stati sovrani a dichiararsi guerra - ha continuato Delon -. Nei conflitti in corso, invece, non ci sono nemici riconoscibili, per cui cercare di tracciare un parallelo è davvero difficile». «Nessuna somiglianza - ha incalzato Leroy - tra il passato e il presente. Oggi si vuol far credere che le guerre abbiano motivazioni religiose. L'Islam contro l'occidente. Ma questo conflitto è solo una perversione di gruppi radicali. Almeno in Francia bisogna tenere conto del periodo coloniale. Le ideologie terroristiche fanno proseliti tra chi vive un senso di risentimento verso quella che considerano una patria matrigna. E tra loro è facile sentire parlare di "Crociata" perpetrata in passato ai loro danni e della terra d'origine».
In contrapposizione nascono i movimenti nazionalistici, gli stessi che agli inizi del '900 hanno portato l'intero continente alla guerra. «Per esempio in Francia - ha affermato Delon - la nazionalista Marine Le Pen è interventista. Muoverebbe subito guerra all'Islam senza distinguere tra islamisti e musulmani. Ma oggi i conflitti sono ideologici. Abbiamo di fronte piccoli gruppi che agiscono in nome di una religione, mistificando sul senso stesso della religione». Ma esiste un sentimento di unità nazionale, ancor di più europeo, come abbiamo visto nei giorni scorsi a Parigi, che va ben oltre il nazionalismo.
«Se vogliamo trovare un punto di congiunzione tra il primo conflitto mondiale e la situazione odierna - ha concluso Delon - è tutto nel nostro inno nazionale. L'11 novembre 1918, data che ha segnato in Francia la fine della Prima Guerra Mondiale, un parlamentare si alzò in piedi per cantare la "Marsigliese", seguito poi da tutti i suoi colleghi. Fu il primo storico momento di "unità nazionale". La stessa che a me pare ritrovata all'indomani dei tragici fatti di Parigi quando, in una manifestazione di piazza, migliaia di persone sono tornate ad intonarla».
Lo afferma Michel Delon, uno dei massimi esperti mondiali di letteratura francese settecentesca, professore all'Università Paris IV-Sorbonne, insieme al suo collega Cláude Leroy, professore emerito nella stessa materia all'Università Paris Ouest-Paris X-Nanterre La Défense e fino al 2007 direttore del Centro di Scienze della Letteratura Francese, entrambi giunti a Giovinazzo per il convegno internazionale sulla Prima Guerra Mondiale che si terrà oggi e domani nella sala Marano dell'Istituto Vittorio Emanuele II. «La letteratura nata intorno a quel conflitto - ha continuato Delon - ha avuto la capacità di far riflettere sui drammi e sugli orrori della guerra. In un certo senso ha fatto nascere un sentimento di opposizione alla guerra ed al militarismo».
Nonostante questo, di guerre il Novecento ne ha vissute parecchie, così come questo secolo appena cominciato. Sono cambiate le strategie, sono cambiate le regole d'ingaggio ma nella sostanza l'intero pianeta è sempre sul baratro. E come non pensare ai recenti fatti di Parigi. «Oggi l'Europa è compatta, ma in quella del 1914-18 furono gli Stati sovrani a dichiararsi guerra - ha continuato Delon -. Nei conflitti in corso, invece, non ci sono nemici riconoscibili, per cui cercare di tracciare un parallelo è davvero difficile». «Nessuna somiglianza - ha incalzato Leroy - tra il passato e il presente. Oggi si vuol far credere che le guerre abbiano motivazioni religiose. L'Islam contro l'occidente. Ma questo conflitto è solo una perversione di gruppi radicali. Almeno in Francia bisogna tenere conto del periodo coloniale. Le ideologie terroristiche fanno proseliti tra chi vive un senso di risentimento verso quella che considerano una patria matrigna. E tra loro è facile sentire parlare di "Crociata" perpetrata in passato ai loro danni e della terra d'origine».
In contrapposizione nascono i movimenti nazionalistici, gli stessi che agli inizi del '900 hanno portato l'intero continente alla guerra. «Per esempio in Francia - ha affermato Delon - la nazionalista Marine Le Pen è interventista. Muoverebbe subito guerra all'Islam senza distinguere tra islamisti e musulmani. Ma oggi i conflitti sono ideologici. Abbiamo di fronte piccoli gruppi che agiscono in nome di una religione, mistificando sul senso stesso della religione». Ma esiste un sentimento di unità nazionale, ancor di più europeo, come abbiamo visto nei giorni scorsi a Parigi, che va ben oltre il nazionalismo.
«Se vogliamo trovare un punto di congiunzione tra il primo conflitto mondiale e la situazione odierna - ha concluso Delon - è tutto nel nostro inno nazionale. L'11 novembre 1918, data che ha segnato in Francia la fine della Prima Guerra Mondiale, un parlamentare si alzò in piedi per cantare la "Marsigliese", seguito poi da tutti i suoi colleghi. Fu il primo storico momento di "unità nazionale". La stessa che a me pare ritrovata all'indomani dei tragici fatti di Parigi quando, in una manifestazione di piazza, migliaia di persone sono tornate ad intonarla».