Condannati, assolti, condannati: la nuova sentenza dell'omicidio Spera
Ieri il giudizio letto dal presidente Cafaro: Chimenti, Lafronza e Sparno condannati a 6 anni e 8 mesi
martedì 11 febbraio 2020
10.02
Ancora una pagina, sebbene non definitiva, del processo per l'omicidio di Gaetano Spera, che tuttavia potrebbe segnare una svolta per le posizioni di Ignazio Chimenti, Luca Lafronza e Pio Mauro Sparno, che si trovano ancora una volta condannati, stavolta a 6 anni e 8 mesi, per concorso anomalo.
Dopo essere stati assolti dal delitto di concorso in omicidio dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari, che li aveva rimessi in libertà dopo un periodo di 2 anni e 7 mesi di custodia cautelare in carcere, a seguito del puntuale ricorso per Cassazione della Procura Generale della Repubblica di Bari, nella persona del procuratore Giannicola Sinisi, il giudizio dinanzi alla Prima Sezione della Suprema Corte, «accogliendo ben due dei motivi dell'impugnazione, ha fatto strame della sentenza della Corte barese».
È questo il commento dell'avvocato Mario Mongelli, secondo cui la sentenza emessa ieri dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari in nuova composizione (presidente Eustacchio Cafaro) «ha riaperto le chance dell'accusa e, per l'effetto, delle parti civili», segnatamente della madre e delle tre sorelle della vittima, patrocinate fin dalla fase delle indagini preliminari dal penalista giovinazzese, che ha curato gli interessi dei familiari di Gaetano Spera sin dall'inizio a tutt'oggi.
Quello di Gaetano Spera fu un omicidio legato al controllo di tutte le attività che il porto di Giovinazzo poteva offrire. Furono cinque le persone prese dai Carabinieri della locale Compagnia, che svelarono le dinamiche che portarono poi al delitto. Tra queste, per concorso anomalo nell'omicidio, anche Ignazio Chimenti, Luca Lafronza e Pio Mauro Sparno. Una tesi che però non fu condivisa dalla Corte d'Assise d'Appello, che, nel mese di febbraio del 2018, assolse i tre imputati.
Ma proprio quelle assoluzioni, nel mese di marzo del 2019, furono annullate dalla Cassazione e rinviate ad un nuovo giudice d'Appello. Che, ieri, li ha nuovamente condannati. Mongelli, pur riservandosi di leggere le motivazioni della sentenza, non ha potuto che apprezzare il fatto che «la nuova pronuncia, ribaltando nuovamente l'esito del giudizio, si sia attenuta, applicandolo alle condotte tenute in concreto dai tre, al principio di diritto indicato dalla Cassazione e vincolante per il Giudice del rinvio».
La Corte di legittimità, infatti, aveva censurato la precedente decisione di assoluzione della Corte territoriale. «La sentenza - sempre secondo Mongelli -, affermando in questa sede principi di giustizia, ha evitato l'assoluzione di tre persone, che erano a conoscenza del fatto che la ricerca di Gaetano Spera avesse finalità punitive, pur non prospettandosi un esito così infausto, non essendo a conoscenza delle pistole in mano all'altro coimputato, per il quale la condanna è ormai definitiva».
Non così, tiene a precisare ancora l'avvocato Mongelli, per gli altri tre condannati, «i quali potrebbero nuovamente impugnare la sentenza d'Appello, come pure potrebbe fare la stessa Procura Generale a fronte della riduzione della pena comminata ieri, dovendo purtroppo constatare come, dopo ben 6 anni, non sia ancora finita, ma resta il fatto che soggetti che erano stati assolti e che rischiavano di esserlo in via definitiva, siano oggi ancora alla sbarra e con non rosee prospettive giudiziarie».
«Non c'è nulla da gioire - conclude il difensore - perché la morte di un giovane è sempre una sconfitta e la pena inflitta non restituisce una vita, ma se costoro fossero giudicati colpevoli in via definitiva, è giusto che abbiano a pagare per il proprio crimine. Le vittime non possono essere tali due volte!».
Dopo essere stati assolti dal delitto di concorso in omicidio dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari, che li aveva rimessi in libertà dopo un periodo di 2 anni e 7 mesi di custodia cautelare in carcere, a seguito del puntuale ricorso per Cassazione della Procura Generale della Repubblica di Bari, nella persona del procuratore Giannicola Sinisi, il giudizio dinanzi alla Prima Sezione della Suprema Corte, «accogliendo ben due dei motivi dell'impugnazione, ha fatto strame della sentenza della Corte barese».
È questo il commento dell'avvocato Mario Mongelli, secondo cui la sentenza emessa ieri dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari in nuova composizione (presidente Eustacchio Cafaro) «ha riaperto le chance dell'accusa e, per l'effetto, delle parti civili», segnatamente della madre e delle tre sorelle della vittima, patrocinate fin dalla fase delle indagini preliminari dal penalista giovinazzese, che ha curato gli interessi dei familiari di Gaetano Spera sin dall'inizio a tutt'oggi.
Quello di Gaetano Spera fu un omicidio legato al controllo di tutte le attività che il porto di Giovinazzo poteva offrire. Furono cinque le persone prese dai Carabinieri della locale Compagnia, che svelarono le dinamiche che portarono poi al delitto. Tra queste, per concorso anomalo nell'omicidio, anche Ignazio Chimenti, Luca Lafronza e Pio Mauro Sparno. Una tesi che però non fu condivisa dalla Corte d'Assise d'Appello, che, nel mese di febbraio del 2018, assolse i tre imputati.
Ma proprio quelle assoluzioni, nel mese di marzo del 2019, furono annullate dalla Cassazione e rinviate ad un nuovo giudice d'Appello. Che, ieri, li ha nuovamente condannati. Mongelli, pur riservandosi di leggere le motivazioni della sentenza, non ha potuto che apprezzare il fatto che «la nuova pronuncia, ribaltando nuovamente l'esito del giudizio, si sia attenuta, applicandolo alle condotte tenute in concreto dai tre, al principio di diritto indicato dalla Cassazione e vincolante per il Giudice del rinvio».
La Corte di legittimità, infatti, aveva censurato la precedente decisione di assoluzione della Corte territoriale. «La sentenza - sempre secondo Mongelli -, affermando in questa sede principi di giustizia, ha evitato l'assoluzione di tre persone, che erano a conoscenza del fatto che la ricerca di Gaetano Spera avesse finalità punitive, pur non prospettandosi un esito così infausto, non essendo a conoscenza delle pistole in mano all'altro coimputato, per il quale la condanna è ormai definitiva».
Non così, tiene a precisare ancora l'avvocato Mongelli, per gli altri tre condannati, «i quali potrebbero nuovamente impugnare la sentenza d'Appello, come pure potrebbe fare la stessa Procura Generale a fronte della riduzione della pena comminata ieri, dovendo purtroppo constatare come, dopo ben 6 anni, non sia ancora finita, ma resta il fatto che soggetti che erano stati assolti e che rischiavano di esserlo in via definitiva, siano oggi ancora alla sbarra e con non rosee prospettive giudiziarie».
«Non c'è nulla da gioire - conclude il difensore - perché la morte di un giovane è sempre una sconfitta e la pena inflitta non restituisce una vita, ma se costoro fossero giudicati colpevoli in via definitiva, è giusto che abbiano a pagare per il proprio crimine. Le vittime non possono essere tali due volte!».