Clan Capriati: confermate 22 condanne
La sentenza della Corte d'Appello: ridotta la pena per Michele Arciuli da 16 a 14 anni
sabato 24 luglio 2021
11.41
La Corte d'Appello di Bari ha confermato 22 condanne, riducendo per alcuni le pene inflitte con rito abbreviato in primo grado nel gennaio 2020, nei confronti di altrettanti affiliati al clan Capriati di Bari egemone nella città vecchia del capoluogo e, secondo le indagini, in alcuni comuni del nord barese, tra cui Giovinazzo.
I 22 imputati sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga, aggravati dal metodo mafioso e dall'uso delle armi, porto e detenzione di armi da guerra, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e continuate. Il processo è nato da un'inchiesta della Polizia di Stato, coordinata dal pm antimafia Fabio Buquicchio, che aveva accertato che il clan aveva assunto di fatto il controllo del servizio di assistenza e viabilità all'interno del porto di Bari.
I giudici hanno confermato la condanna a 20 anni di reclusione per Filippo Capriati, nipote dello storico capo clan Antonio. Ridotta da 20 a 14 anni la pena inflitta a Gaetano Lorusso, da 16 a 14 anni quella nei confronti di Michele Arciuli, da 16 a 11 anni e 7 mesi quella a carico di Pasquale Panza e da 14 a 10 anni e 8 mesi quella nei confronti di Pietro Capriati, fratello di Filippo. La Corte ha inoltre accolto il ricorso della cooperativa Ariete, riconoscendo il risarcimento del danno.
Confermata la condanna degli imputati a risarcire le parti civili: l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale-Adsp Mam, il Ministero dell'Interno, l'Agenzia delle Entrate e l'Antiracket Puglia. Nei confronti di altri 9 imputati, tra cui Sabino Capriati, figlio di Filippo, è tuttora in corso il processo di primo grado.
I 22 imputati sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, traffico e spaccio di droga, aggravati dal metodo mafioso e dall'uso delle armi, porto e detenzione di armi da guerra, estorsioni aggravate dal metodo mafioso e continuate. Il processo è nato da un'inchiesta della Polizia di Stato, coordinata dal pm antimafia Fabio Buquicchio, che aveva accertato che il clan aveva assunto di fatto il controllo del servizio di assistenza e viabilità all'interno del porto di Bari.
I giudici hanno confermato la condanna a 20 anni di reclusione per Filippo Capriati, nipote dello storico capo clan Antonio. Ridotta da 20 a 14 anni la pena inflitta a Gaetano Lorusso, da 16 a 14 anni quella nei confronti di Michele Arciuli, da 16 a 11 anni e 7 mesi quella a carico di Pasquale Panza e da 14 a 10 anni e 8 mesi quella nei confronti di Pietro Capriati, fratello di Filippo. La Corte ha inoltre accolto il ricorso della cooperativa Ariete, riconoscendo il risarcimento del danno.
Confermata la condanna degli imputati a risarcire le parti civili: l'Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale-Adsp Mam, il Ministero dell'Interno, l'Agenzia delle Entrate e l'Antiracket Puglia. Nei confronti di altri 9 imputati, tra cui Sabino Capriati, figlio di Filippo, è tuttora in corso il processo di primo grado.