Catturato il latitante Conte: preso seguendo la sua compagna
Il boss catturato in una villetta all'interno di un residence di Giovinazzo. A tradirlo l'affetto della sua dolce metà
domenica 27 maggio 2018
16.53
Si nascondeva a Giovinazzo, in una villetta all'interno di un rinomato residence sul Mar Adriatico: dopo 37 giorni di latitanza è stato preso il presunto boss Domenico Conte. Ricercato dal 20 aprile, era considerato la primula rossa numero uno a Bitonto.
L'uomo, che la Direzione Distrettuale Antimafia considera il capo dell'omonimo clan bitontino, opposto a quello dei Cipriano, l'hanno preso gli uomini della Polizia di Stato e dei Carabinieri alle prime luci dell'alba di questa mattina a 16 chilometri da Bitonto. Lo cercavano là e là l'hanno trovato Domenico Conte. In fuga ma senza muoversi mai, sempre attaccato alle sue radici.
Il 48enne, conosciuto come "Mimm u negr", ha cominciato la sua carriera criminale agli inizi degli anni '90, quando era appena 20enne e divenne sin da subito ragazzo di fiducia di Michele D'Elia, per tutti "Michele sei dita", ritenuto affiliato alla Sacra Corona Unita. Nel 2003, in due (Giuseppe Leccese e Michele Pazienza) tentarono di ucciderlo e i presunti sicari furono, di lì a poco, vittime della lupara bianca.
Nel corso degli anni ha continuato a contendersi il territorio di Bitonto, oppresso da un duo di organizzazioni criminali: da una parte il clan Conte, operativo nella zona 167, dall'altra parte la cosca Cipriano, attiva nel centro storico. Ed il delitto (per errore) di Anna Rosa Tarantino trae origine proprio da questa guerra: il diktat, infatti, maturò proprio da Domenico Conte, al culmine di una serie di agguati reciproci.
Il presunto capoclan di Bitonto, infatti, è accusato di essere il mandante dell'omicidio di Anna Rosa Tarantino, uccisa per errore il 30 dicembre scorso durante un regolamento di conti tra bande rivali. Durante l'agguato, compiuto con colpi di armi da fuoco, rimase ferito Giuseppe Casadibari, esponente del clan rivale Cipriano, ritenuto il vero obiettivo dei killer. Ecco perchè Conte risponde anche del tentativo di omicidio di Casadibari.
Ciò emerge da Vito Antonio Tarullo, collaboratore di giustizia, che ha raccontato, ad esempio, che il presunto boss avrebbe ordinato di «sparare chiunque fosse capitato a tiro» del gruppo criminale di Francesco Colasuonno. Sarebbe poi stato Alessandro d'Elia, quel maledetto 30 dicembre, a portare a Michele Sabba e Rocco Papaleo l'ordine di morte da parte del boss.
Lui, nascosto in una villetta all'interno di un residence ubicato lungo la ex strada statale 16 Adriatica, al confine con Santo Spirito. Si era riparato in una casa-vacanza che fa parte di una struttura di villette private accanto al residence, divenuto questa mattina all'alba il «teatro delle operazioni» della cattura. Come in un war game.
Gli sbirri più bravi ed esperti della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri da una parte e Domenico Conte, insieme alla compagna, incinta, ed alla figlia di 6 anni, dall'altra, un gioco a distanza durato 37 giorni. Gli investigatori avevano cominciato a notare movimenti, l'auto della compagna di Conte che, assieme alla figlia di 6 anni, andava avanti e indietro. Da Bitonto a Giovinazzo, arrivando fin nei pressi di quella villetta.
C'era troppa tranquillità in quel residence. Gli investigatori hanno aspettato con molta pazienza. Senza avvicinarsi mai più del dovuto. Fino all'ultima alba. Fino a quando Polizia di Stato e Carabinieri sono sicuri che dentro quella casa-vacanza c'era qualcuno altro. È stato stamane, alle prime luci dell'alba. Un braccio che spunta dalla porta e poi l'irruzione all'interno del covo.
Al 48enne, trovato proprio con la compagna, incinta, e la figlia di 6 anni, è stata consegnata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice per le indagini preliminari Giovanni Anglana su richiesta dei sostituti procuratori Marco D'Agostino e Ettore Cardinali. Il 20 aprile scorso, non ce l'avevano fatta, lui era sfuggito all'ultimo momento.
Sempre per una spiata. Sempre per un «amico» che gli passava l'informazione giusta sull'ultima indagine a suo carico. È andata così per tanto tempo. Fino a quando qualcuno ha deciso che bisognava stanarlo. Nonostante gli spifferi. Nonostante tutto. Il resto di questa cattura lo sapremo un po' nei prossimi giorni e forse un po' anche nei prossimi anni.
Le storie di criminalità sono sempre assai complicate per ricostruirle a caldo in ogni loro piega o per raccontarle subito e solo attraverso le carte giudiziarie, le storie di criminalità nascondono sempre tantissime verità. Anche quando un'operazione poliziesca è di livello elevatissimo e senza sfondo di patti o di ricatti, proprio come quella che si è appena conclusa a Giovinazzo. Ma sempre storie di criminalità sono.
Da Giovinazzo probabilmente vi stiamo trasmettendo una delle ultime cronache di alta criminalità: dal 17 marzo ad oggi per i quattro agguati di quella mattina sono state arrestate 9 persone, compreso Domenico Conte. Anche l'ultimo - in fuga per 37 giorni - è stato fatto prigioniero.
L'uomo, che la Direzione Distrettuale Antimafia considera il capo dell'omonimo clan bitontino, opposto a quello dei Cipriano, l'hanno preso gli uomini della Polizia di Stato e dei Carabinieri alle prime luci dell'alba di questa mattina a 16 chilometri da Bitonto. Lo cercavano là e là l'hanno trovato Domenico Conte. In fuga ma senza muoversi mai, sempre attaccato alle sue radici.
Il 48enne, conosciuto come "Mimm u negr", ha cominciato la sua carriera criminale agli inizi degli anni '90, quando era appena 20enne e divenne sin da subito ragazzo di fiducia di Michele D'Elia, per tutti "Michele sei dita", ritenuto affiliato alla Sacra Corona Unita. Nel 2003, in due (Giuseppe Leccese e Michele Pazienza) tentarono di ucciderlo e i presunti sicari furono, di lì a poco, vittime della lupara bianca.
Nel corso degli anni ha continuato a contendersi il territorio di Bitonto, oppresso da un duo di organizzazioni criminali: da una parte il clan Conte, operativo nella zona 167, dall'altra parte la cosca Cipriano, attiva nel centro storico. Ed il delitto (per errore) di Anna Rosa Tarantino trae origine proprio da questa guerra: il diktat, infatti, maturò proprio da Domenico Conte, al culmine di una serie di agguati reciproci.
Il presunto capoclan di Bitonto, infatti, è accusato di essere il mandante dell'omicidio di Anna Rosa Tarantino, uccisa per errore il 30 dicembre scorso durante un regolamento di conti tra bande rivali. Durante l'agguato, compiuto con colpi di armi da fuoco, rimase ferito Giuseppe Casadibari, esponente del clan rivale Cipriano, ritenuto il vero obiettivo dei killer. Ecco perchè Conte risponde anche del tentativo di omicidio di Casadibari.
Ciò emerge da Vito Antonio Tarullo, collaboratore di giustizia, che ha raccontato, ad esempio, che il presunto boss avrebbe ordinato di «sparare chiunque fosse capitato a tiro» del gruppo criminale di Francesco Colasuonno. Sarebbe poi stato Alessandro d'Elia, quel maledetto 30 dicembre, a portare a Michele Sabba e Rocco Papaleo l'ordine di morte da parte del boss.
Lui, nascosto in una villetta all'interno di un residence ubicato lungo la ex strada statale 16 Adriatica, al confine con Santo Spirito. Si era riparato in una casa-vacanza che fa parte di una struttura di villette private accanto al residence, divenuto questa mattina all'alba il «teatro delle operazioni» della cattura. Come in un war game.
Gli sbirri più bravi ed esperti della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri da una parte e Domenico Conte, insieme alla compagna, incinta, ed alla figlia di 6 anni, dall'altra, un gioco a distanza durato 37 giorni. Gli investigatori avevano cominciato a notare movimenti, l'auto della compagna di Conte che, assieme alla figlia di 6 anni, andava avanti e indietro. Da Bitonto a Giovinazzo, arrivando fin nei pressi di quella villetta.
C'era troppa tranquillità in quel residence. Gli investigatori hanno aspettato con molta pazienza. Senza avvicinarsi mai più del dovuto. Fino all'ultima alba. Fino a quando Polizia di Stato e Carabinieri sono sicuri che dentro quella casa-vacanza c'era qualcuno altro. È stato stamane, alle prime luci dell'alba. Un braccio che spunta dalla porta e poi l'irruzione all'interno del covo.
Al 48enne, trovato proprio con la compagna, incinta, e la figlia di 6 anni, è stata consegnata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal giudice per le indagini preliminari Giovanni Anglana su richiesta dei sostituti procuratori Marco D'Agostino e Ettore Cardinali. Il 20 aprile scorso, non ce l'avevano fatta, lui era sfuggito all'ultimo momento.
Sempre per una spiata. Sempre per un «amico» che gli passava l'informazione giusta sull'ultima indagine a suo carico. È andata così per tanto tempo. Fino a quando qualcuno ha deciso che bisognava stanarlo. Nonostante gli spifferi. Nonostante tutto. Il resto di questa cattura lo sapremo un po' nei prossimi giorni e forse un po' anche nei prossimi anni.
Le storie di criminalità sono sempre assai complicate per ricostruirle a caldo in ogni loro piega o per raccontarle subito e solo attraverso le carte giudiziarie, le storie di criminalità nascondono sempre tantissime verità. Anche quando un'operazione poliziesca è di livello elevatissimo e senza sfondo di patti o di ricatti, proprio come quella che si è appena conclusa a Giovinazzo. Ma sempre storie di criminalità sono.
Da Giovinazzo probabilmente vi stiamo trasmettendo una delle ultime cronache di alta criminalità: dal 17 marzo ad oggi per i quattro agguati di quella mattina sono state arrestate 9 persone, compreso Domenico Conte. Anche l'ultimo - in fuga per 37 giorni - è stato fatto prigioniero.