Arresti nell'Arma, dura replica di Galizia: «Giovinazzo non è un paese mafioso»
Non è passato inosservato il suo post su Facebook: «Voglio riaffermare un principio sacrosanto di giustizia: chi sbaglia deve pagare»
lunedì 29 giugno 2020
«Ora dico basta! Finiamola con questa storia della mafia perché non ci crede nessuno. Finiamola di sbattere i mostri in prima pagina. Io non ci sto e non tollero che la Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo venga collegata alla mafia. Chi parla di mafia senza capire il suo significato è in malafede».
Lo ha scritto, sul proprio profilo Facebook, il luogotenente Antonio Galizia, comandante della Stazione di Giovinazzo per un ventennio - dal 1992 al 2012 - anno a partire dal quale, e sino al 2018, secondo gli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia, gli appuntati Domenico Laforgia e Antonio Salerno avrebbero ricevuto denaro, regali e favori da uomini vicini all'articolazione giovinazzese del clan Di Cosola in cambio di informazioni riservate su indagini in corso.
Un post, il suo, che non è passato inosservato e che ha scatenato le reazioni dei suoi follower: like (fra cui molti appartenenti alle forze dell'ordine), commenti e condivisioni. «Stiamo attenti a definire gli errori e la miseria umana di due Carabinieri: definirli mafiosi è un grave errore - ha scritto Galizia - e chi li definisce così non è una persona onesta. Sì, chi dà del mafioso a due Carabinieri non è onesto. Inventare la mafia per fare notizia non è onesto, non è corretto».
Secondo Galizia «a Giovinazzo non c'è mafia e chi la racconta sa di mentire ed è meno onesto di chi ha sbagliato con gravi errori, ma non di mafia. Io - termina il presidente della sezione locale dell'Associazione Nazionale Carabinieri intitolata a Luciano Pignatelli - sono certo che qualcuno non sta dicendo la verità».
Denaro e regali per i due Carabinieri al soldo del clan Di Cosola. Presidente Galizia, lei che idea s'è fatto?
«Al momento non posso parlare di cose che non conosco. Non ho letto le carte alla base dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e dunque non sono in grado di giudicare l'operato dei magistrati e di chi ha condotto le indagini perché non conosco i fatti».
Sul proprio profilo Facebook ha scritto: «A Giovinazzo non c'è la mafia». Ma per lei cos'è la mafia?
«La mafia è una tipologia di organizzazione criminale che esercita il controllo del territorio in alcune attività economiche e in determinati traffici illeciti (appalti, sostanze stupefacenti, estorsioni e prostituzione), condiziona la libertà, la democrazia e la vita dei cittadini, il regolare andamento delle funzioni pubbliche ed è retta dalla legge dell'omertà e del silenzio. Inoltre si serve di metodi di intimidazione e di repressione violenti e spietati: questa è la mafia».
E quindi?
«Quindi lascio ai cittadini di Giovinazzo le valutazioni sul caso volte a comprendere se viviamo effettivamente in un paese mafioso oppure se ci troviamo dinanzi a quattro soggetti che avrebbero commesso gravi errori, puniti penalmente, reati per cui, se riconosciuti colpevoli, saranno condannati. Noi non siamo il paese della mafia e non dobbiamo dare affatto l'idea di esserlo. Giovinazzo è il paese delle persone perbene e di chi lavora: questo è il paese che dobbiamo valorizzare».
I quattro soggetti arrestati sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa con l'aggravante di aver favorito il clan Di Cosola.
«Io sono sicuro che il primo capo di imputazione a cadere sarà proprio il concorso esterno in associazione mafiosa perché a Giovinazzo non c'è alcuna mafia. I quattro soggetti arrestati sono un commerciante, due militari dell'Arma dei Carabinieri ed un pregiudicato che non è mai stato condannato per mafia».
Parliamo della Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo. Lei è diventato comandante nel 1992...
«Esattamente. La Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo ha sempre operato con la massima trasparenza e legalità. E durante il mio comando, dal 1992 e sino al 2012, nessun militare è stato sottoposto ad alcun procedimento di carattere penale, tanto meno di tipo disciplinare».
E poi cosa è accaduto dopo il 2012?
«Sicuramente c'è stata una mancanza di vigilanza. Gli esseri umani, a volte, sono tentati e provocati e questi due militari, peccando, potrebbero essere caduti in tentazione. Qualsiasi militare appartenente alle forze armate che, nel corso del giuramento militare, promette dovere di fedeltà e di rispetto alle istituzioni di uno Stato, non deve mai lasciare il minimo dubbio sulla propria integrità e lealtà.
I due militari, prima di cadere nella trappola, molto probabilmente sono stati tentati e non sono stati capaci di resistere: mi dispiace, perché qualsiasi militare appartenente alle forze armate deve saper anteporre i benefici morali a quelli economici che, nel caso di un militare dell'Arma, devono essere rafforzati. Se le accuse nei loro confronti dovessero essere confermate, ci troveremmo di fronte a due Carabinieri che hanno tradito loro stessi, la loro dignità, le loro famiglie e soprattutto la fiducia dei giovinazzesi verso la locale Stazione».
Chi sono Domenico Laforgia e Antonio Salerno?
«Domenico Laforgia e Antonio Salerno, durante il mio comando, sono stati ineccepibili sotto ogni aspetto, ligi al dovere e ubbidienti all'ordine. Erano insieme, di pattuglia, quando il 30 dicembre 2006 intercettarono e inseguirono lungo l'ex strada statale Adriatica che da Giovinazzo porta a Santo Spirito due rapinatori di 19 e 14 anni, in sella ad uno scooter, che avevano appena perpetrato una rapina in un supermercato di via Bari.
Ne scaturì un inseguimento sino a quando, all'altezza di una curva imboccata ad alta velocità, il conducente, di 19 anni, perse il controllo dello scooter che si ribaltò finendo contro un muretto. Il 14enne morì dopo aver battuto la testa contro il registratore di cassa che aveva in mano. Sono sempre stati vigili e attenti, ma soprattutto operativi.
Dopo il mio pensionamento, avvenuto nel 2012 dopo ben 42 anni di attività nell'Arma dei Carabinieri, i due militari si sono letteralmente persi, ma non conosco i motivi. Tuttavia non possiamo assolutamente infangare la Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo in cui c'è uno spiccato senso del dovere».
Resta fermo il principio per cui chi sbaglia, deve pagare, in modo certo e in tempi rapidi.
«Con questa intervista voglio riaffermare un principio sacrosanto di giustizia: chi sbaglia deve pagare. In questo momento, però, la Stazione dei Carabinieri sta subendo una vera e propria ingiustizia perché possiamo parlare di criminalità organizzata e militari sospettati di infedeltà, ma non di mafia. Chi parla di mafia, dice cose inesatte.
Giovinazzo non è un paese mafioso, chi lo amministra lo fa in piena coscienza e, se commette errori, gli stessi non sono causati da forze estranee mafiose, ma da loro scelte personali e amministrative. I due Carabinieri, se hanno sbagliato, lo hanno fatto da soli: non ci sono state forzature da parte di terze persone, la loro è stata una libera scelta».
Secondo lei, dunque, Giovinazzo non è un paese mafioso. E che paese è?
«È un paese che, per anni, ha fatto gola a vari clan di Bari. In principio i Capriati, poi gli Strisciuglio e i Di Cosola hanno tentato di allungare i propri tentacoli sul nostro paese, ma non ci sono riusciti perché sono stati sempre efficacemente contrastati. E la totale assenza di referenti baresi, ma la semplice presenza sul territorio di soggetti residenti a Giovinazzo attivi nel traffico illecito e nello spaccio di sostanze stupefacenti, è la prova di ciò che affermo.
L'unico vero problema di Giovinazzo, paese in cui i delitti d'usura e di estorsione sono praticamente assenti, è lo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti, in particolar modo di cocaina. E chi acquista droga è complice, fa un favore alle organizzazioni criminali. Come ci si scandalizza per l'arresto di due Carabinieri, azione che tutti noi abbiamo condannato, si faccia lo stesso anche per chi, per lo più giovanissimi, passa il suo tempo fra alcool e sniffate».
Intanto, a Giovinazzo, è iniziata l'era Filannino.
«Io ho piena fiducia nella Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo, credo alla lealtà ed al quotidiano impegno di tutti gli uomini attualmente in organico e faccio pieno affidamento sul maresciallo capo Ruggiero Filannino. Sono certo che saprà, in breve tempo, riconquistare la fiducia persa. Di tutte le cose del mondo che puoi recuperare, la fiducia è quel fattore più difficile in assoluto da ricostruire.
È vero, sarà un lavoro duro e impegnativo, i militari saranno guardati con sospetto e diffidenza, ma sono sicuro che, attraverso incisive azioni volte al contrasto della criminalità diffusa e organizzata, il nuovo comandante riuscirà a riconquistare la fiducia dei cittadini di Giovinazzo».
Qual è, invece, il messaggio di fiducia e speranza di Galizia?
«Ai giovinazzesi chiedo di collaborare con i Carabinieri della Stazione di Giovinazzo per un paese sempre più tranquillo. Credo che la collaborazione attiva dei cittadini sia importantissima e possa portare enormi vantaggi alla collettività.
Mi rivolgo, infine, agli amministratori pubblici, ai partiti, alle associazioni, alla cultura e alla società civile: non parliamo di mafia e di un mostro che, per fortuna, non esiste e che, a Giovinazzo, non ha mai attecchito. Chi continuerà a parlare di mafia non la conosce oppure continuerà ad essere in malafede».
Lo ha scritto, sul proprio profilo Facebook, il luogotenente Antonio Galizia, comandante della Stazione di Giovinazzo per un ventennio - dal 1992 al 2012 - anno a partire dal quale, e sino al 2018, secondo gli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia, gli appuntati Domenico Laforgia e Antonio Salerno avrebbero ricevuto denaro, regali e favori da uomini vicini all'articolazione giovinazzese del clan Di Cosola in cambio di informazioni riservate su indagini in corso.
Un post, il suo, che non è passato inosservato e che ha scatenato le reazioni dei suoi follower: like (fra cui molti appartenenti alle forze dell'ordine), commenti e condivisioni. «Stiamo attenti a definire gli errori e la miseria umana di due Carabinieri: definirli mafiosi è un grave errore - ha scritto Galizia - e chi li definisce così non è una persona onesta. Sì, chi dà del mafioso a due Carabinieri non è onesto. Inventare la mafia per fare notizia non è onesto, non è corretto».
Secondo Galizia «a Giovinazzo non c'è mafia e chi la racconta sa di mentire ed è meno onesto di chi ha sbagliato con gravi errori, ma non di mafia. Io - termina il presidente della sezione locale dell'Associazione Nazionale Carabinieri intitolata a Luciano Pignatelli - sono certo che qualcuno non sta dicendo la verità».
Denaro e regali per i due Carabinieri al soldo del clan Di Cosola. Presidente Galizia, lei che idea s'è fatto?
«Al momento non posso parlare di cose che non conosco. Non ho letto le carte alla base dell'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e dunque non sono in grado di giudicare l'operato dei magistrati e di chi ha condotto le indagini perché non conosco i fatti».
Sul proprio profilo Facebook ha scritto: «A Giovinazzo non c'è la mafia». Ma per lei cos'è la mafia?
«La mafia è una tipologia di organizzazione criminale che esercita il controllo del territorio in alcune attività economiche e in determinati traffici illeciti (appalti, sostanze stupefacenti, estorsioni e prostituzione), condiziona la libertà, la democrazia e la vita dei cittadini, il regolare andamento delle funzioni pubbliche ed è retta dalla legge dell'omertà e del silenzio. Inoltre si serve di metodi di intimidazione e di repressione violenti e spietati: questa è la mafia».
E quindi?
«Quindi lascio ai cittadini di Giovinazzo le valutazioni sul caso volte a comprendere se viviamo effettivamente in un paese mafioso oppure se ci troviamo dinanzi a quattro soggetti che avrebbero commesso gravi errori, puniti penalmente, reati per cui, se riconosciuti colpevoli, saranno condannati. Noi non siamo il paese della mafia e non dobbiamo dare affatto l'idea di esserlo. Giovinazzo è il paese delle persone perbene e di chi lavora: questo è il paese che dobbiamo valorizzare».
I quattro soggetti arrestati sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa con l'aggravante di aver favorito il clan Di Cosola.
«Io sono sicuro che il primo capo di imputazione a cadere sarà proprio il concorso esterno in associazione mafiosa perché a Giovinazzo non c'è alcuna mafia. I quattro soggetti arrestati sono un commerciante, due militari dell'Arma dei Carabinieri ed un pregiudicato che non è mai stato condannato per mafia».
Parliamo della Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo. Lei è diventato comandante nel 1992...
«Esattamente. La Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo ha sempre operato con la massima trasparenza e legalità. E durante il mio comando, dal 1992 e sino al 2012, nessun militare è stato sottoposto ad alcun procedimento di carattere penale, tanto meno di tipo disciplinare».
E poi cosa è accaduto dopo il 2012?
«Sicuramente c'è stata una mancanza di vigilanza. Gli esseri umani, a volte, sono tentati e provocati e questi due militari, peccando, potrebbero essere caduti in tentazione. Qualsiasi militare appartenente alle forze armate che, nel corso del giuramento militare, promette dovere di fedeltà e di rispetto alle istituzioni di uno Stato, non deve mai lasciare il minimo dubbio sulla propria integrità e lealtà.
I due militari, prima di cadere nella trappola, molto probabilmente sono stati tentati e non sono stati capaci di resistere: mi dispiace, perché qualsiasi militare appartenente alle forze armate deve saper anteporre i benefici morali a quelli economici che, nel caso di un militare dell'Arma, devono essere rafforzati. Se le accuse nei loro confronti dovessero essere confermate, ci troveremmo di fronte a due Carabinieri che hanno tradito loro stessi, la loro dignità, le loro famiglie e soprattutto la fiducia dei giovinazzesi verso la locale Stazione».
Chi sono Domenico Laforgia e Antonio Salerno?
«Domenico Laforgia e Antonio Salerno, durante il mio comando, sono stati ineccepibili sotto ogni aspetto, ligi al dovere e ubbidienti all'ordine. Erano insieme, di pattuglia, quando il 30 dicembre 2006 intercettarono e inseguirono lungo l'ex strada statale Adriatica che da Giovinazzo porta a Santo Spirito due rapinatori di 19 e 14 anni, in sella ad uno scooter, che avevano appena perpetrato una rapina in un supermercato di via Bari.
Ne scaturì un inseguimento sino a quando, all'altezza di una curva imboccata ad alta velocità, il conducente, di 19 anni, perse il controllo dello scooter che si ribaltò finendo contro un muretto. Il 14enne morì dopo aver battuto la testa contro il registratore di cassa che aveva in mano. Sono sempre stati vigili e attenti, ma soprattutto operativi.
Dopo il mio pensionamento, avvenuto nel 2012 dopo ben 42 anni di attività nell'Arma dei Carabinieri, i due militari si sono letteralmente persi, ma non conosco i motivi. Tuttavia non possiamo assolutamente infangare la Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo in cui c'è uno spiccato senso del dovere».
Resta fermo il principio per cui chi sbaglia, deve pagare, in modo certo e in tempi rapidi.
«Con questa intervista voglio riaffermare un principio sacrosanto di giustizia: chi sbaglia deve pagare. In questo momento, però, la Stazione dei Carabinieri sta subendo una vera e propria ingiustizia perché possiamo parlare di criminalità organizzata e militari sospettati di infedeltà, ma non di mafia. Chi parla di mafia, dice cose inesatte.
Giovinazzo non è un paese mafioso, chi lo amministra lo fa in piena coscienza e, se commette errori, gli stessi non sono causati da forze estranee mafiose, ma da loro scelte personali e amministrative. I due Carabinieri, se hanno sbagliato, lo hanno fatto da soli: non ci sono state forzature da parte di terze persone, la loro è stata una libera scelta».
Secondo lei, dunque, Giovinazzo non è un paese mafioso. E che paese è?
«È un paese che, per anni, ha fatto gola a vari clan di Bari. In principio i Capriati, poi gli Strisciuglio e i Di Cosola hanno tentato di allungare i propri tentacoli sul nostro paese, ma non ci sono riusciti perché sono stati sempre efficacemente contrastati. E la totale assenza di referenti baresi, ma la semplice presenza sul territorio di soggetti residenti a Giovinazzo attivi nel traffico illecito e nello spaccio di sostanze stupefacenti, è la prova di ciò che affermo.
L'unico vero problema di Giovinazzo, paese in cui i delitti d'usura e di estorsione sono praticamente assenti, è lo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti, in particolar modo di cocaina. E chi acquista droga è complice, fa un favore alle organizzazioni criminali. Come ci si scandalizza per l'arresto di due Carabinieri, azione che tutti noi abbiamo condannato, si faccia lo stesso anche per chi, per lo più giovanissimi, passa il suo tempo fra alcool e sniffate».
Intanto, a Giovinazzo, è iniziata l'era Filannino.
«Io ho piena fiducia nella Stazione dei Carabinieri di Giovinazzo, credo alla lealtà ed al quotidiano impegno di tutti gli uomini attualmente in organico e faccio pieno affidamento sul maresciallo capo Ruggiero Filannino. Sono certo che saprà, in breve tempo, riconquistare la fiducia persa. Di tutte le cose del mondo che puoi recuperare, la fiducia è quel fattore più difficile in assoluto da ricostruire.
È vero, sarà un lavoro duro e impegnativo, i militari saranno guardati con sospetto e diffidenza, ma sono sicuro che, attraverso incisive azioni volte al contrasto della criminalità diffusa e organizzata, il nuovo comandante riuscirà a riconquistare la fiducia dei cittadini di Giovinazzo».
Qual è, invece, il messaggio di fiducia e speranza di Galizia?
«Ai giovinazzesi chiedo di collaborare con i Carabinieri della Stazione di Giovinazzo per un paese sempre più tranquillo. Credo che la collaborazione attiva dei cittadini sia importantissima e possa portare enormi vantaggi alla collettività.
Mi rivolgo, infine, agli amministratori pubblici, ai partiti, alle associazioni, alla cultura e alla società civile: non parliamo di mafia e di un mostro che, per fortuna, non esiste e che, a Giovinazzo, non ha mai attecchito. Chi continuerà a parlare di mafia non la conosce oppure continuerà ad essere in malafede».