Ancora troppe tartarughe morte per annegamento
L'ultimo esemplare di caretta caretta trovato alla Cappella: impigliato nelle reti e morto per soffocamento
martedì 18 aprile 2017
Spiaggiate, morte. Le necroscopie effettuate rivelano: per soffocamento. Insomma: quelle tartarughe sempre più spesso trovate prive di vita sugli arenili dell'Adriatico - gli ultimi due casi a Giovinazzo e a Molfetta - sono vittime del malcostume di alcuni pescatori.
Animali intrappolati nelle reti. Da cui non riescono a liberarsi. E pure avendo una capacità di stare sott'acqua senza respirare di diverse ore, muoiono annegati. Vuol dire che quelle reti sono state la loro prigione definitiva. L'ultimo caso risale a sabato scorso. Il ritrovamento è avvenuto a Molfetta, sulla litoranea sud, qualche giorno prima ce n'era stato un altro a Giovinazzo, in località Cappella. Due tartarughe in entrambi i casi.
Ritrovamenti che, nel tratto di costa che vanno da Molfetta a Monopoli, vanno a sommarsi ai 100 nel solo 2016. Almeno il 90% degli esemplari ad accertamento necroscopico è morto per affogamento, mentre in alcuni casi lo stato della carcassa non ha permesso ai volontari del WWF Puglia di fare valutazioni più approfondite. La stima viene dal centro di recupero tartarughe marine di Molfetta.
Per Pasquale Salvemini, coordinatore del centro molfettese, accade che «i pescatori nelle loro reti inavvertitamente peschino delle tartarughe, ancora vive, le quali, però, poi vengono lasciate morire. Occorrerebbe una sensibilizzazione verso i pescatori, che potrebbero salvare questi animali e diventare dei veri e propri protagonisti del mare». Sarebbe anche semplice, evitare la morte. Basta chiamare la Guardia Costiera al numero gratuito 1530.
«Gli operatori della pesca, nel momento in cui dovessero vedere intrappolata una tartaruga nelle loro reti, dovrebbero chiamare noi oppure fare una telefonata alla Capitaneria di Porto, preziosa alleata degli operatori del mare». Quando questo succede, le tartarughe possono essere salvate perché vengono portate al centro di recupero di Molfetta, un vero e proprio ospedale.
Animali intrappolati nelle reti. Da cui non riescono a liberarsi. E pure avendo una capacità di stare sott'acqua senza respirare di diverse ore, muoiono annegati. Vuol dire che quelle reti sono state la loro prigione definitiva. L'ultimo caso risale a sabato scorso. Il ritrovamento è avvenuto a Molfetta, sulla litoranea sud, qualche giorno prima ce n'era stato un altro a Giovinazzo, in località Cappella. Due tartarughe in entrambi i casi.
Ritrovamenti che, nel tratto di costa che vanno da Molfetta a Monopoli, vanno a sommarsi ai 100 nel solo 2016. Almeno il 90% degli esemplari ad accertamento necroscopico è morto per affogamento, mentre in alcuni casi lo stato della carcassa non ha permesso ai volontari del WWF Puglia di fare valutazioni più approfondite. La stima viene dal centro di recupero tartarughe marine di Molfetta.
Per Pasquale Salvemini, coordinatore del centro molfettese, accade che «i pescatori nelle loro reti inavvertitamente peschino delle tartarughe, ancora vive, le quali, però, poi vengono lasciate morire. Occorrerebbe una sensibilizzazione verso i pescatori, che potrebbero salvare questi animali e diventare dei veri e propri protagonisti del mare». Sarebbe anche semplice, evitare la morte. Basta chiamare la Guardia Costiera al numero gratuito 1530.
«Gli operatori della pesca, nel momento in cui dovessero vedere intrappolata una tartaruga nelle loro reti, dovrebbero chiamare noi oppure fare una telefonata alla Capitaneria di Porto, preziosa alleata degli operatori del mare». Quando questo succede, le tartarughe possono essere salvate perché vengono portate al centro di recupero di Molfetta, un vero e proprio ospedale.