Agricoltura, M5S: «Necessario attuare il Piano olivicolo»
E l'on. D'Ambrosio sottolinea la latitanza della Regione Puglia
mercoledì 26 aprile 2017
Il "Piano olivicolo" non è più rinviabile, parola del Movimento 5 Stelle.
Nella campagna 2014/2015, il secondo produttore mondiale, a notevole distanza dalla Spagna, è stata la Tunisia con 340.000 tonnellate, seguita dalla Grecia e, in quarta posizione, dall'Italia. Per la campagna successiva (2015/2016), ripresa della produzione italiana, che si è riportata così al secondo posto, stabile la Grecia, che scende in terza posizione, e calo della Tunisia che scivola al sesto posto dopo Siria e Turchia.
È ciò che emerge dal report annuale elaborato dal Crea, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. A fornire uno scenario leggermente più roseo dell'olivicoltura italiana è il Centro Studi Confagricoltura che, rielaborando i dati forniti dall'ONU, vede il nostro Paese al secondo posto tra gli esportatori di olio d'oliva dopo la Spagna e al primo per prezzo medio all'esportazione. Tuttavia, l'esportazione non è accompagnata da un aumento di produzione made in Italy bensì è sostenuta in misura notevole dall'importazione; ciò è accaduto sia nel 2014 sia nel 2016.
Dati solo in parte confortanti, con Giovinazzo che non fa eccezione, nonostante la Xylella da queste parti, per fortuna, non si è vista.
«Mentre la Spagna, nonostante il medesimo attacco della mosca olearia subito dall'Italia, ha mantenuto la propria posizione di vertice, la nostra olivicoltura è scivolata sino al quarto posto. Questo perché in 30 anni, gli iberici hanno realizzato cinque piani olivicoli mentre nel nostro paese stenta a prendere avvio il primo piano ottenuto grazie alla nostra risoluzione in Commissione Agricoltura alla Camera e atteso da tantissimi anni dal comparto - dichiara il deputato pugliese Giuseppe L'Abbate (M5S) - Al contempo, in questi ultimi anni il prezzo medio iberico per l'esportazione è cresciuto maggiormente di quello italiano: altro segnale che denota come, con interventi mirati, gli spagnoli continuano a conquistare terreno nei nostri confronti mentre nel nostro paese regna l'ignavia da parte dei governi».
«A tutto ciò si aggiunge - commenta l'on. Giuseppe D'Ambrosio, esponente della provincia europea più olivetata - una sostanziale latitanza della Regione e della Provincia Bat sul principale elemento trainante della nostra economia a vocazione agricola».
Confrontando il prezzo medio all'esportazione dell'ultimo triennio con quello del 2009, infatti, si evidenzia per l'Italia un incremento sensibilmente inferiore a quello dei diretti concorrenti (Spagna, Grecia, Tunisia), con l'esclusione del Portogallo. Lo scenario mondiale vede nel 2016 a 6,9 miliardi di dollari il valore degli scambi internazionali di olio d'oliva con una diminuzione di circa 400 milioni di dollari rispetto al 2015 ma con una crescita del 39,3% rispetto al 2009. Nel triennio 2014-2016, la quota media di mercato dell'Italia si è attestata intorno al 24% mentre quella della Spagna ha raggiunto il 47%.
«L'olivicoltura italiana continua a lasciare campo ai diretti concorrenti europei e del bacino mediterraneo - conclude L'Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera - Peraltro, oltre alla mosca olearia, la produzione pugliese è tuttora martoriata dalla Xylella fastidiosa. Urge, quindi, dare concretezza agli impegni assegnati dal Parlamento al Governo oramai due anni fa, nel maggio 2015. Non possiamo permetterci di perdere più tempo: così rischiamo di perdere ulteriori fette di mercato che significa reddito per i nostri olivicoltori e posti di lavoro in fumo».
Nella campagna 2014/2015, il secondo produttore mondiale, a notevole distanza dalla Spagna, è stata la Tunisia con 340.000 tonnellate, seguita dalla Grecia e, in quarta posizione, dall'Italia. Per la campagna successiva (2015/2016), ripresa della produzione italiana, che si è riportata così al secondo posto, stabile la Grecia, che scende in terza posizione, e calo della Tunisia che scivola al sesto posto dopo Siria e Turchia.
È ciò che emerge dal report annuale elaborato dal Crea, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. A fornire uno scenario leggermente più roseo dell'olivicoltura italiana è il Centro Studi Confagricoltura che, rielaborando i dati forniti dall'ONU, vede il nostro Paese al secondo posto tra gli esportatori di olio d'oliva dopo la Spagna e al primo per prezzo medio all'esportazione. Tuttavia, l'esportazione non è accompagnata da un aumento di produzione made in Italy bensì è sostenuta in misura notevole dall'importazione; ciò è accaduto sia nel 2014 sia nel 2016.
Dati solo in parte confortanti, con Giovinazzo che non fa eccezione, nonostante la Xylella da queste parti, per fortuna, non si è vista.
«Mentre la Spagna, nonostante il medesimo attacco della mosca olearia subito dall'Italia, ha mantenuto la propria posizione di vertice, la nostra olivicoltura è scivolata sino al quarto posto. Questo perché in 30 anni, gli iberici hanno realizzato cinque piani olivicoli mentre nel nostro paese stenta a prendere avvio il primo piano ottenuto grazie alla nostra risoluzione in Commissione Agricoltura alla Camera e atteso da tantissimi anni dal comparto - dichiara il deputato pugliese Giuseppe L'Abbate (M5S) - Al contempo, in questi ultimi anni il prezzo medio iberico per l'esportazione è cresciuto maggiormente di quello italiano: altro segnale che denota come, con interventi mirati, gli spagnoli continuano a conquistare terreno nei nostri confronti mentre nel nostro paese regna l'ignavia da parte dei governi».
«A tutto ciò si aggiunge - commenta l'on. Giuseppe D'Ambrosio, esponente della provincia europea più olivetata - una sostanziale latitanza della Regione e della Provincia Bat sul principale elemento trainante della nostra economia a vocazione agricola».
Confrontando il prezzo medio all'esportazione dell'ultimo triennio con quello del 2009, infatti, si evidenzia per l'Italia un incremento sensibilmente inferiore a quello dei diretti concorrenti (Spagna, Grecia, Tunisia), con l'esclusione del Portogallo. Lo scenario mondiale vede nel 2016 a 6,9 miliardi di dollari il valore degli scambi internazionali di olio d'oliva con una diminuzione di circa 400 milioni di dollari rispetto al 2015 ma con una crescita del 39,3% rispetto al 2009. Nel triennio 2014-2016, la quota media di mercato dell'Italia si è attestata intorno al 24% mentre quella della Spagna ha raggiunto il 47%.
«L'olivicoltura italiana continua a lasciare campo ai diretti concorrenti europei e del bacino mediterraneo - conclude L'Abbate, capogruppo M5S in Commissione Agricoltura alla Camera - Peraltro, oltre alla mosca olearia, la produzione pugliese è tuttora martoriata dalla Xylella fastidiosa. Urge, quindi, dare concretezza agli impegni assegnati dal Parlamento al Governo oramai due anni fa, nel maggio 2015. Non possiamo permetterci di perdere più tempo: così rischiamo di perdere ulteriori fette di mercato che significa reddito per i nostri olivicoltori e posti di lavoro in fumo».