Acciaio ed emigrazione tra Giovinazzo e Vicenza

Ieri la proiezione in anteprima del documentario "L'acqua calda e l'acqua fredda"

sabato 25 aprile 2015 01.50
Il lavoro nelle Acciaierie e Ferriere Pugliesi, le lotte sindacali e politiche per la salute e per il salario, le storie di chi è emigrato al settentrione e di chi è rimasto a Giovinazzo, la chiusura di una fabbrica e la fine di un mondo, le incognite di un futuro da ripensare, e un passato che diventa archeologia industriale.

Sono i temi al centro del documentario "L'acqua calda e l'acqua fredda", un lavoro autoprodotto presentato ieri sera in un'affollatissima sala Marano. «Una giornata storica per Giovinazzo» ha debuttato Cosmo Damiano Stufano, promotore dell'iniziativa patrocinata dal Comune di Giovinazzo e dalla Città Metropolitana di Bari, introducendo i due registi, Marina Resta e Giulio Todescan: «Nel 2011 ci siamo imbattuti in un saggio di Devi Sacchetto, professore di Sociologia all'Università di Padova, sull'attuale immigrazione meridionale in Veneto - spiega Todescan -. Fra le storie raccontate ci ha colpito una in particolare: quella delle Acciaierie Valbruna di Vicenza, dove la maggior parte dei circa mille operai proviene dal sud Italia e in particolare da Giovinazzo. Per descrivere quella strana mescolanza di veneti e pugliesi, un dirigente dell'azienda citato nel testo utilizzava la metafora dell'acqua calda e dell'acqua fredda, la cui unione dà vita a qualcosa di nuovo e più complesso».

La storia era in effetti più complessa, perché dietro alla vicenda dei valbruniani se ne nascondeva un'altra, che affondava le radici 800 chilometri più a sud e molti decenni a ritroso nel tempo. Nelle Acciaierie Ferriere Pugliesi, che per oltre mezzo secolo aveva dato lavoro a un intero paese, si era formata una combattiva classe operaia, di cui gli operai emigrati al settentrione sono in qualche modo gli eredi. E proprio attorno a queste due città si snodano le storie degli operai che lavoravano alle storiche Acciaierie Ferriere Pugliesi di Giovinazzo, fondate negli anni '20 dalla famiglia Scianatico e rimaste in attività fino agli anni '80, quando la crisi del settore siderurgico portò alla chiusura dello stabilimento che dava lavoro a migliaia di operai, una forte classe operaia che aveva avviato lotte contro le pessime condizioni di lavoro, per la salute, contro l'utilizzo dell'amianto in fabbrica.

Poi, dopo la chiusura, inizia l'altra storia, quella dei figli degli operai che, privi di prospettive in paese, emigrarono al nord, verso le Acciaierie Valbruna di Vicenza, dove ancora oggi circa metà delle maestranze vengono dalla Puglia e da Giovinazzo in particolare. "L'acqua calda e l'acqua fredda" è un viaggio dentro il settentrione ed il meridione italiano, ma anche tra presente e passato, raccontato attraverso le testimonianze degli operai e i materiali d'archivio. Ne emergono temi senza tempo, quanto mai attuali anche oggi: le difficoltà dell'integrazione, il valore del lavoro, occasione di benessere economico ed emancipazione sociale ma anche portatore di sfruttamento e di rischi per la salute e per l'ambiente.

Oltre alla proiezione in anteprima del documentario, è stata presentata la ristampa de "Le Ferriere tra gli ulivi", edito da Bruno Mondadori, il libro della compianta Antonella Pugliese a cura di Isidoro Davide Mortellaro che ripercorre le vicende delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi di Giovinazzo e delle organizzazioni sociali e politiche che, nell'area di Bari, inaugurarono le forme del moderno conflitto industriale in Italia. «I due lavori sono complementari - ha aggiunto Giulio Todescan -. Il libro ripercorre nel dettaglio la nascita del moderno conflitto industriale nel dopoguerra, le vertenze e la sindacalizzazione; il film parte dalla fine della società-fabbrica e dall'arrivo della nuova fase, fatta di emigrazione, turismo lavori precari, agricoltura e pesca. E ricordi, tanti ricordi».