800 voti in più non bastano a Daniele de Gennaro
Il candidato di centrosinistra si ferma ad un soffio dall'impresa
lunedì 27 giugno 2022
7.09
4.215 voti al primo turno, 4.996 al ballottaggio. 781 preferenze in più non sono bastate a Daniele de Gennaro per ribaltare la situazione politica a Giovinazzo. Per lui seconda sconfitta in cinque anni al ballottaggio e nuovo boccone amarissimo da ingoiare, tanto che a caldo ha deciso di ritirarsi in famiglia e rispondere alle nostre domande con calma, con un quadro più completo.
La domanda che i suoi più stretti collaboratori si stanno facendo in queste ore è la medesima che ci poniamo noi dell'informazione locale: «Dove ha perso Daniele de Gennaro? Dove ricercare quel minimo scarto di 121 voti che lo separano dal suo competitor?»
Domande legittime, a cui ancora non ci sono risposte certe. Si potrebbero individuare nel mal di pancia espresso da una parte della base di sinistra per l'accordo col PD o proprio da quel versante, dove qualcuno non ha palesemente gradito l'apparentamento tra Maria Rosaria Pugliese e la coalizione degennariana.
Analisi complicate per una manciata di voti, addirittura inferiore a quella del ballottaggio del 2017.
Sta di fatto che a sinistra questo voto, che sembrava incanalato bene dopo il primo turno, lascerà segni tangibili. La segreteria PD dovrà interrogarsi sul futuro, sulla necessità di rinnovare definitivamente i vertici, affidandosi a giovani e volti nuovi, e bisognerà capire da Bari cosa ne pensano, se giungerà un commissario, nonostante quel 13% al primo turno significhi primo partito cittadino.
Quanto a PVA ed a tutta l'area progressista, ci sarà una riflessione ulteriore interna e bisognerà nuovamente iniziare a macinare politica per altri cinque anni, se non altro per rispetto verso i tanti elettori che hanno scelto quella parte.
E poi Daniele de Gennaro, l'uomo che meglio ha incarnato la voglia di cambiamento in questo lustro. Per lui diviene improbabile una terza candidatura dopo due sconfitte seppur di misura e quindi dietro di lui, all'opposizione di Sollecito, dovrà crescere erba nuova capace di convogliare consensi e di dare prospettive in vista del 2027.
Resta pressante la domanda di tutto il popolo di sinistra che al primo turno sommava quasi il 60% dei consensi: «Perché non si è andati uniti sin da subito?». Oggi staremmo forse scrivendo d'altro ed invece gioia e giubilo stanno sempre dalla medesima parte da 10 anni.
E infine c'è il 46% degli elettori che ha deciso di non esprimersi, dato affatto trascurabile su cui devono essere in tantissimi, da ambo le parti, a comprenderne le ragioni. Prima si recupera quella fetta di cittadinanza, meglio si fa per il bene della città.
La domanda che i suoi più stretti collaboratori si stanno facendo in queste ore è la medesima che ci poniamo noi dell'informazione locale: «Dove ha perso Daniele de Gennaro? Dove ricercare quel minimo scarto di 121 voti che lo separano dal suo competitor?»
Domande legittime, a cui ancora non ci sono risposte certe. Si potrebbero individuare nel mal di pancia espresso da una parte della base di sinistra per l'accordo col PD o proprio da quel versante, dove qualcuno non ha palesemente gradito l'apparentamento tra Maria Rosaria Pugliese e la coalizione degennariana.
Analisi complicate per una manciata di voti, addirittura inferiore a quella del ballottaggio del 2017.
Sta di fatto che a sinistra questo voto, che sembrava incanalato bene dopo il primo turno, lascerà segni tangibili. La segreteria PD dovrà interrogarsi sul futuro, sulla necessità di rinnovare definitivamente i vertici, affidandosi a giovani e volti nuovi, e bisognerà capire da Bari cosa ne pensano, se giungerà un commissario, nonostante quel 13% al primo turno significhi primo partito cittadino.
Quanto a PVA ed a tutta l'area progressista, ci sarà una riflessione ulteriore interna e bisognerà nuovamente iniziare a macinare politica per altri cinque anni, se non altro per rispetto verso i tanti elettori che hanno scelto quella parte.
E poi Daniele de Gennaro, l'uomo che meglio ha incarnato la voglia di cambiamento in questo lustro. Per lui diviene improbabile una terza candidatura dopo due sconfitte seppur di misura e quindi dietro di lui, all'opposizione di Sollecito, dovrà crescere erba nuova capace di convogliare consensi e di dare prospettive in vista del 2027.
Resta pressante la domanda di tutto il popolo di sinistra che al primo turno sommava quasi il 60% dei consensi: «Perché non si è andati uniti sin da subito?». Oggi staremmo forse scrivendo d'altro ed invece gioia e giubilo stanno sempre dalla medesima parte da 10 anni.
E infine c'è il 46% degli elettori che ha deciso di non esprimersi, dato affatto trascurabile su cui devono essere in tantissimi, da ambo le parti, a comprenderne le ragioni. Prima si recupera quella fetta di cittadinanza, meglio si fa per il bene della città.