Cronaca
Condannati per abusivismo edilizio
Si è concluso il processo sulla zona artigianale D1.1. Tutti i nomi
Giovinazzo - mercoledì 11 febbraio 2015
17.40
Per 144 dei 163 imputati per la lottizzazione abusiva della zona artigianale D1.1, il processo, celebratosi a Bitonto, nella sezione distaccata del Tribunale di Bari, si è concluso con una sentenza di condanna. Solo in 18 sono stati assolti con formula piena perché non sono risultati essere tra i firmatari di quella lottizzazione che fu approvata in via definitiva dal consiglio comunale nell'ormai lontano 2006.
In sostanza ad essere assolti, «perché il fatto non costituisce reato», sono stati coloro che sono subentrati ai precedenti proprietari delle aree e dei suoli posti sotto sequestro nel 2009, per aver acquistato successivamente alla data di stipulazione del documento di lottizzazione o perché hanno ricevuto il bene in eredità. Per loro il giudice Marina Chiddo ha disposto anche il dissequestro e la restituzione dei lotti (in totale 22). Per tutti gli altri le condanne vanno dai 2 ai 18 mesi di arresto, con multe che variano dai 12mila ai 35mila euro oltre alla confisca, per i proprietari, dei suoli e dei manufatti (in totale 123), secondo l'articolo 44 del decreto del presidente della Repubblica n. 380/2001 che regola la materia edilizia. In buona sostanza il reato è quello di abusivismo edilizio.
Dalle indagini della Polizia Municipale di Bari, iniziate circa 10 anni fa quasi in contemporanea con l'avvio dei lavori, è emerso che materiali nobili come granito, pietra di Trani, parquet e lussuosi balconcini costituirebbero i prospetti delle 145 villette costruite abusivamente laddove avrebbero dovuto realizzare aziende. Secondo il pubblico ministero Renato Nitti, inoltre, le villette, del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro e sotto sequestro dal 21 settembre 2010, sarebbero state costruite con autorizzazioni illegittime. Il giudice Marina Chiddo, che ha in sostanza accolto tutto l'impianto accusatorio del pm, ha condannato gli imputati anche al risarcimento danni al Comune di Giovinazzo, in quanto parte civile nel processo, per una somma che dovrà essere quantificata in separata sede. Comunque le pene, sempre secondo il dispositivo emesso dal giudice sono state tutte sospese.
Se il massimo della condanna e dell'ammenda, 18 mesi di reclusione e 35mila euro di multa il giudice ha voluto comminarli ai dirigenti dell'ufficio tecnico comunale (Gaetano Ideale Remine e Vincenzo Turturro) e agli ingegneri progettisti della lottizzazione (Michele Amoia, Antonio Berardi, Ciro Fiorentino e Pasquale Stufano), a rimanere nello sconforto sono stati i proprietari dei lotti. Tra loro quegli artigiani che avevano impiantato la loro attività nella D1.1 secondo il dettato della lottizzazione. Il dramma per loro è che adesso gli istituti bancari a cui si erano rivolti per l'accensione dei mutui necessari ai loro investimenti possano chiedere piani immediati di rientro delle somme prestate. «Gli scenari giuridici non si sono per nulla conclusi con questa sentenza - è stato il commento di Tiziano Tedeschi, avvocato difensore di alcuni tra gli imputati -. Adesso potrebbero partire richieste di risarcimento danni da parte di chi si sente leso da una situazione in cui s'è sentito trascinato. Aspettiamo che le motivazioni della sentenza vengano depositate per poter dare una valutazione tecnico-giuridica, ma ritengo che ci siano carenze nell'impianto accusatorio». Anche Francesco Mastro, altro legale coinvolto nel processo è sulla stessa lunghezza d'onda: «Le incongruenze sono tante - ha affermato -. Una sentenza di secondo grado non potrà che ribaltare quanto comminato da questo grado di giudizio».
Il ricorso in appello appare scontato visto che le posizioni dei difensori partono tutte da una lottizzazione regolarmente approvata, che le compravendite delle aree si sono basate tutte su quegli atti, così come i progetti. «Se insistono degli abusi edilizi - è stata la posizione dei legali sin dalle prime battute del processo - sono ascrivibili solo alle singole responsabilità. Parlare di abuso edilizio per un intero comparto è quanto mai azzardato».
In sostanza ad essere assolti, «perché il fatto non costituisce reato», sono stati coloro che sono subentrati ai precedenti proprietari delle aree e dei suoli posti sotto sequestro nel 2009, per aver acquistato successivamente alla data di stipulazione del documento di lottizzazione o perché hanno ricevuto il bene in eredità. Per loro il giudice Marina Chiddo ha disposto anche il dissequestro e la restituzione dei lotti (in totale 22). Per tutti gli altri le condanne vanno dai 2 ai 18 mesi di arresto, con multe che variano dai 12mila ai 35mila euro oltre alla confisca, per i proprietari, dei suoli e dei manufatti (in totale 123), secondo l'articolo 44 del decreto del presidente della Repubblica n. 380/2001 che regola la materia edilizia. In buona sostanza il reato è quello di abusivismo edilizio.
Dalle indagini della Polizia Municipale di Bari, iniziate circa 10 anni fa quasi in contemporanea con l'avvio dei lavori, è emerso che materiali nobili come granito, pietra di Trani, parquet e lussuosi balconcini costituirebbero i prospetti delle 145 villette costruite abusivamente laddove avrebbero dovuto realizzare aziende. Secondo il pubblico ministero Renato Nitti, inoltre, le villette, del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro e sotto sequestro dal 21 settembre 2010, sarebbero state costruite con autorizzazioni illegittime. Il giudice Marina Chiddo, che ha in sostanza accolto tutto l'impianto accusatorio del pm, ha condannato gli imputati anche al risarcimento danni al Comune di Giovinazzo, in quanto parte civile nel processo, per una somma che dovrà essere quantificata in separata sede. Comunque le pene, sempre secondo il dispositivo emesso dal giudice sono state tutte sospese.
Se il massimo della condanna e dell'ammenda, 18 mesi di reclusione e 35mila euro di multa il giudice ha voluto comminarli ai dirigenti dell'ufficio tecnico comunale (Gaetano Ideale Remine e Vincenzo Turturro) e agli ingegneri progettisti della lottizzazione (Michele Amoia, Antonio Berardi, Ciro Fiorentino e Pasquale Stufano), a rimanere nello sconforto sono stati i proprietari dei lotti. Tra loro quegli artigiani che avevano impiantato la loro attività nella D1.1 secondo il dettato della lottizzazione. Il dramma per loro è che adesso gli istituti bancari a cui si erano rivolti per l'accensione dei mutui necessari ai loro investimenti possano chiedere piani immediati di rientro delle somme prestate. «Gli scenari giuridici non si sono per nulla conclusi con questa sentenza - è stato il commento di Tiziano Tedeschi, avvocato difensore di alcuni tra gli imputati -. Adesso potrebbero partire richieste di risarcimento danni da parte di chi si sente leso da una situazione in cui s'è sentito trascinato. Aspettiamo che le motivazioni della sentenza vengano depositate per poter dare una valutazione tecnico-giuridica, ma ritengo che ci siano carenze nell'impianto accusatorio». Anche Francesco Mastro, altro legale coinvolto nel processo è sulla stessa lunghezza d'onda: «Le incongruenze sono tante - ha affermato -. Una sentenza di secondo grado non potrà che ribaltare quanto comminato da questo grado di giudizio».
Il ricorso in appello appare scontato visto che le posizioni dei difensori partono tutte da una lottizzazione regolarmente approvata, che le compravendite delle aree si sono basate tutte su quegli atti, così come i progetti. «Se insistono degli abusi edilizi - è stata la posizione dei legali sin dalle prime battute del processo - sono ascrivibili solo alle singole responsabilità. Parlare di abuso edilizio per un intero comparto è quanto mai azzardato».